Noi, supertifosi a porte chiuse
Il derby d’Italia vissuto dagli ultrà «Ci potremo abbracciare in caso di gol? Per il Ludogorets eravamo in tre al bar, che tristezza»
Prima regola del tifoso: la partita non si guarda mai da solo. I commenti non te li puoi tenere per te. Ci vogliono testimoni per farli restare scolpiti nel tempo. Che tutti si ricordino che tu l’avevi detto che Lukaku è un giocatore meraviglioso, invece Icardi...
Beh, lasciamo stare che siamo sempre dei signori. Solo la sofferenza è personale. Attorcigliata attorno al cuore come la tua sciarpa nerazzurra. Perché è di Inter che stiamo parlando. Domani c’è il derby d’Italia. A porte chiuse. E anche lontano da Torino la paura è invisibile e subdola. Il Covid-19 se la gioca con CR7. Il virus che non ha ciuffi e dribbla con le tue certezze. Porte chiuse. Come l’altro giorno. Serata di Europa League e nessuno a guardare da vicino. Manco al torneo di calcetto dell’oratorio in un giorno di nebbia. Inter club deserti, bar quasi. I quattro amici della canzone di Gino Paoli sarebbero stati una folla. «Per il Ludogorets eravamo in tre al bar — racconta sconsolato Giovanni Giuffrida dell’Inter club Gallo d’Oro di Seregno — di solito siamo almeno una trentina. Pensi che per me è già un errore chiudere gli stadi. Si potevano trovare altre soluzioni. Magari permettere l’ingresso ai soli abbonati. Con posti distanti».
Nei locali dei club è proibito radunarsi. Restano i bar ma solo seduti ai tavolini. E sarà così anche domani. Gioia contenuta in caso di gol. E se Lukaku segna? Ci si potrà abbracciare? O solo alzarsi dalla sedia, giusto per urlare un «evvaai!!!». Il tifoso dell’Inter sa cos’è la sofferenza. È temprato alle ustioni dell’ anima. L’unica consolazione, finora , era sapere di avere accanto un altro come lui. E un altro ancora. Fino ad arrivare a sessantamila o giù di li, gli abbonati alla Beneamata di San Siro. Altri che lo capiscono. Senza bisogno di parlarsi. Ci sono nomi che diventano codici d’accesso a un mondo che è solo loro. Milito ma anche Centofanti. Se gli togliete stadio e club resta il soggiorno di casa. Non è la stessa cosa. Anche se tua moglie vorrebbe metterci i tornelli. La partita in tv è come fare il sub davanti all’acquario. C’è sempre e ancora la moglie (ovviamente cripto milanista) che porta da bere quando Eriksen sta tirando una punizione e lei si piazza davanti allo schermo come una barriera disordinata che non rispetta la distanza, per non parlare della schiuma bianca spruzzata dell’arbitro. E in più protesta. Tu non puoi nemmeno tirar fuori il cartellino giallo. In casa devi tenere i toni bassi (come faticosamente cercano di fare anche i tuoi vicini). Hai dentro di te una bomba H che non puoi far esplodere. I commenti sono da finale di torneo di bridge. Gli epiteti da romanzo per educande: si arriva al massimo ai perbacco, caspiterina, che disdetta! Mentre il tuo campionario farebbe arrossire un camallo un giorno che gli sono andate di traverso le trofie con il pesto.
Se la ricorderanno gli interisti questa notte di mascherine e sospetti.
L’alternativa
«Si potevano trovare altre soluzioni: far entrare i soli abbonati con posti distanti»