Canova: cultura al lavoro, mettiamo in cantiere i progetti per il futuro
Un’altra settimana di chiusura per scuole e università proprio mentre cresce il bisogno di cultura, antidoto all’irrazionalità della paura. Gianni Canova, rettore dell’Università Iulm, assicura però che tutti i colleghi sono consapevoli della necessità di rispettare le indicazioni delle autorità sanitarie.
«Facciamo lezioni anche in aule con quattrocento studenti ed è giusto attenerci alle misure che possono contenere il rischio di contagio. Ma se lo stop dovesse protrarsi siamo pronti per le lezioni in streaming, gli esami e anche le tesi. Le università sono presidio culturale della città: non dobbiamo fermarci».
Molti allarmi sono stati già lanciati da cinema, teatri, musei. Che cosa si può fare?
«Questo stop ha interrotto un trend positivo per la cultura che non si vedeva da anni. Però adesso non dobbiamo stare fermi come se aspettassimo l’apocalisse. Alla Iulm avevamo programmato un cartellone teatrale per marzo: faremo gli spettacoli anche a sala vuota e li trasmetteremo in streaming. Lo stesso vale per l’incontro di venerdì 6 sul tema dei confini con l’arcivescovo di Milano. La soluzione è continuare a lavorare sui progetti in corso e mettere già in cantiere quelli futuri».
Non c’è stata irrazionalità nei comportamenti, in contrasto con l’immagine che Milano si era data?
«La comunicazione in un momento di crisi è una delle priorità assolute e invece la sua gestione è stata contradittoria e confusa. Noi alla Iulm apriremo un osservatorio per monitorare ciò che è avvenuto. Milano continua ad essere quello che abbiamo raccontato negli ultimi anni, ma in queste situazioni tornano a galla elementi primitivi, irrazionali, come la caccia al cibo nei supermercati. Anche se vorrei vedere i dati. Una fotografia mostrava gli scaffali vuoti, ma dovremmo basarci su informazioni più accurate invece di scatenare il panico. Nei negozi dove sono stato, non ho visto niente di simile».
E i social che parte hanno giocato?
«Di amplificazione del panico. Con conseguenze su beni preziosi come la tenuta della nostra società e civiltà. La paura ha fatto sì che il dato antropologico, quel qualcosa di oscuro che non riusciamo a controllare e scarichiamo sulla minaccia dell’ignoto, prendesse il sopravvento sugli elementi socioculturali».
Però poi in molti sono andati a rileggersi i capitoli sulla peste a Milano scritti dal suo amato Alessandro Manzoni.
«Due capitoli esemplari perché raccontano gli errori commessi all’epoca, gli stessi che rischiamo di ripetere oggi: come diceva il Manzoni a proposito della facilità di parlare più veloce di quella di pensare, anche in questi giorni siamo di fronte a un collasso della comunicazione da parte di persone che hanno responsabilità. Parlano a vanvera. Un giorno dicono una cosa e il giorno dopo il contrario».
Ne usciremo con un insegnamento o tutto tornerà come prima?
«Prima o poi tutto riparte: il problema è il tempo. Io auspico che ne verremo fuori più maturi e consapevoli. A volte le crisi sono occasioni di crescita. Milano è la più grande città universitaria d’Italia, un po’ come Boston. Da tutto il Paese i giovani vengono qui con i loro sogni e la loro voglia di conoscenza e in città c’è una borghesia che si muove autonomamente, senza aspettare i tempi e la benedizione della politica. Questa città sa dare risposte in maniera adeguata, in maniera ragionevole perché non ha delegato alla politica la costruzione del proprio futuro. Adesso bisognerà fare il più possibile rete e non fermare i progetti. Dobbiamo subito immaginare il futuro da cui ricominciare».
Messaggi I social hanno amplificato il panico E persone con responsabilità hanno parlato a vanvera