NOSTALGIA DEL CAOS NELLE VIE DI MILANO
«Esistono regolamenti per numerosi mezzi di trasporto — scrive il lettore Alberto Monachesi — per gli aerei, per i treni, per i camion, per auto e moto, a benzina, a diesel ed elettrici, per biciclette e monopattini. Manca un regolamento per i pedoni che sarebbe necessario: il pedone sul marciapiede non è sicuro. Quando egli si vede venire incontro bicicletta o monopattino che sia, deve gettarsi velocemente contro il muro. Se, invece, un ciclista gli piomba addosso da dietro senza alcun preavviso (le due ruote vanno tutte senza campanello e senza luci) deve starsene zitto. Le stesse regole valgono per gli incontri con moto e motorini. Bando agli scherzi, la settimana scorsa stavo per uscire dal portone quando me ne è sfrecciato davanti uno: mi è andata bene! Non parliamo poi delle auto parcheggiate sui marciapiedi. Tutto questo si riassume in una domanda: dove sono i vigili?». Beata normalità perduta, beati i tempi, viene da pensare, quando potevamo permetterci il lusso, noi qui a Milano, di indignarci per la maleducazione di ciclisti e motociclisti, di lamentarci delle automobili posteggiate in modo selvaggio, di protestare per la scomparsa dei vigili urbani. Solo dieci giorni fa vivevamo in un’altra città, in una città attiva e splendente, e da ogni parte sentivamo ripetere il mantra sulla nostra metropoli prospera, trainante, speciale. E chi più ne aveva più ne metteva. Ora ci siamo risvegliati in una città profondamente ferita, irriconoscibile, che immaginavamo possibile soltanto in certi filmoni di oscuro futuro possibile. Non si sa se i pedoni abbiano vita più facile nell’odierno vuoto similferragostano perché sfrecciano più numerosi che mai i ciclisti che consegnano pasti; ed è verosimile che i vigili non ricompaiano perché forse impiegati in servizi diversi. Ma importa a qualcuno? La lettera del gentile signor Monachesi, che peraltro tratta uno degli argomenti — la sparizione dei vigili dalle strade — proposti per molti anni con più insistenza alle rubriche di posta dei giornali, appare ora, pur essendo recentissima, un cimelio di altra epoca cui ci tocca guardare con nostalgia.