Le feste in limousine dei ladri acrobati
Presi nel campo di Baranzate. Colpi negli alloggi di lusso, poi le serate in corso Como
Una rapina con sequestro vicino San Babila l’11 gennaio (rubati orologi e gioielli per mezzo milione): parte da quel giorno l’inchiesta della polizia che ha portato in carcere tre ladri «arrampicatori» del campo nomadi di Baranzate. Festeggiavano i colpi in limousine.
Un paio di abrasioni sulle nocche della mano sinistra. Si notano su una foto comparsa su un profilo Facebook. I poliziotti della Squadra mobile hanno rintracciato e archiviato quella foto. È un collegamento. Sono ferite «da pugno». Un colpo contro il vetro di una porta-finestra, spaccato per entrare. Era la sera dell’11 gennaio scorso, sul balconcino al secondo piano di un lussuoso palazzo tra San Babila e la zona Monforte. Il ladro quella notte ha scalato la facciata salendo da una grondaia. La donna all’interno dormiva. Ottantuno anni, facoltosa, minacciata con un punteruolo, sequestrata in casa per quaranta minuti, costretta ad aprire la cassaforte, derubata di contanti, orologi e gioielli per quasi mezzo milione di euro, chiusa infine in un bagno per non farle dare subito l’allarme. Quella notte i ladri andarono a festeggiare in un locale di corso Como. Champagne, discoteca, giro per Milano su una limousine in affitto: che andò ad aspettarli al campo per poi portarli in centro. Ora Mile Djordjevic, 29 anni, serbo, e Marian Catalin Busuioc, 20 anni, romeno (più un altro minorenne serbo) sono in carcere. Ladri «arrampicatori» svegliati e fermati all’alba nel campo nomadi di via Monte Bisbino, a Baranzate. Sospettati di altri grossi furti avvenuti negli ultimi mesi nel centro di Milano.
I poliziotti della seconda sezione della Mobile, guidati dal funzionario Vittorio La Torre e coordinati dal dirigente Marco Calì, hanno lavorato per settimane incrociando i dati delle celle telefoniche (anche se la batteria di ladri buttava via con frequenza i cellulari usati «per lavoro»), i filmati delle telecamere delle zone dei furti (non solo quelle registrate nelle serate dei colpi, ma anche nei giorni precedenti quando sono stati fatti i sopralluoghi), i dati estratti dall’archivio dell’Area C per i passaggi di alcune auto (quei giorni sotto i varchi passarono circa 200 mila macchine), i profili social nei quali i ladri, spietati nelle azioni e trascinati da incontenibile esibizionismo, mostravano orologi costosi e volti sorridenti, bottiglie di champagne da centinaia di euro ed interni di auto di lusso. Il sopralluogo della polizia Scientifica dopo la rapina dell’11 gennaio è stato fondamentale per isolare tracce decisive; sul vetro spaccato era sgocciolato un po’ di sangue del ladro. Il fermo non è la chiusura dell’inchiesta: «Gli investigatori della Squadra mobile stanno lavorando su altri casi analoghi — ha spiegato il procuratore aggiunto Laura Pedio — ma al momento viene contestata solo la rapina all’anziana».
Ci sono altri due furti rispetto ai quali le tracce e le analogie costruiscono una catena criminale sulla quale da giorni i poliziotti lavorano alla ricerca di altre prove: la banda degli «arrampicatori» potrebbe aver scalato un palazzo e svaligiato un appartamento anche in via Raffaello Sanzio; nella notte di Capodanno venne invece scardinata con una fiamma ossidrica la cassaforte di un attico in uno dei «grattacieli» di via Vincenzo Monti, dalla quale vennero portati via orologi, lingotti d’oro, gioielli e monete antiche, per un valore che s’aggirava sui 400 mila euro.
Oro, gioielli e orologi sarebbero stati «spostati» molto rapidamente, pochi giorni dopo i furti, verso mercati più sicuri per la ricettazione, in Romania e in Croazia. I tre hanno precedenti per furto; si muovevano spesso per evitare di essere rintracciati o segnalati; si frequentavano ed erano conosciuti all’interno del campo.