Spostamenti, mille controlli
Strade, aerei e treni: partite le verifiche. Si studia la chiusura dei negozi. San Vittore, 8 ore per sedare la rivolta
Sono iniziati ieri i controlli di carabinieri e polizia per evitare gli spostamenti ingiustificati dentro e fuori (e all’interno) della Lombardia. In tutto sono state controllate poco più di 850 persone. Filtro stretto negli aeroporti (comunque già svuotati dalla cancellazione di molti voli); verifiche fin dalle prime ore della mattinata nelle stazioni ferroviarie. La maggior parte degli accertamenti s’è concentrata sulle strade, con posti di blocco a rotazione sulle principali arterie del traffico in entrata e in uscita da Milano. Nei prossimi giorni potrebbero arrivare per la Lombardia misure ancora più stringenti per contenere l’epidemia del coronavirus, a partire dalla chiusura dei negozi. Giornata molto complicata nel carcere di San Vittore, dove sono servite 8 ore per bloccare una violenta rivolta dei detenuti (senza alcun collegamento con aspetti sanitari).
A qualcuno, quegli uomini aggrappati ai tetti del carcere, hanno ricordato la grande rivolta del ‘46, quando detenuti politici e comuni presero il controllo di San Vittore ai comandi del bandito dell’Isola, Ezio Barbieri. E allora liberare la casa circondariale ci volle l’intervento dei bersaglieri che con un cannone anticarro riuscirono a far desistere i rivoltosi. O magari è venuta alla mente la sommossa del 14 aprile del ‘69: 200 detenuti che per quasi due giorni diventano padroni del penitenziario. Assalti entrati ormai nella storia di Milano e letteratura della ligèra.
Quella di ieri però, anche se in buona parte ricomposta nel giro di qualche ora, è stata la cresta di un’onda partita altrove. Dalle carceri di Modena, Foggia e perfino Pavia, dove domenica sera un manipolo di detenuti ha tenuto in ostaggio per un’ora due agenti di custodia e incendiato il tetto del carcere di Torre del Gallo. Proteste legate al blocco dei colloqui imposto dalle norme contro l’epidemia di coronavirus ma che, prevedibilmente, non finiranno qui. Visto che è tutto il mondo carcerario italiano, ormai, in perenne fibrillazione.
Il bilancio finale è di due detenuti ricoverati per «overdose» da metadone (per lo stesso motivo domenica a Modena si sono registrate 7 vittime) e di diverse aree del carcere milanese inagibili. Tanto che nelle prossime ore potrebbe essere necessario un trasferimento dei detenuti. Ma nella conta bisogna considerare anche il centinaio di agenti di polizia e carabinieri impegnati per tutta la giornata. E una mattina — la strada è stata riaperta solo alle 18 — con le vie intorno a San
Vittore chiuse dai blindati, i detenuti sul tetto, materassi e coperte in fiamme.
E anche una breve carica della polizia su un gruppetto di venti anarchici che nel pomeriggio ha manifestato solidarietà ai ribelli e tentato di bloccare un pullman di agenti della penitenziaria che doveva entrare per il cambio turno. Qualche manganellata della polizia per liberare la strada, contusioni e lividi per quattro manifestanti. Con loro anche una trentina di familiari di detenuti: nordafricani e famiglie rom. Non è lo scenario di cinquant’anni fa. Ma due reparti del carcere sono stati danneggiati, letti e mobili distrutti. Il caos riguarda in particolare il Terzo raggio ed è proprio sul tetto di questa sezione che si sono radunati una trentina di detenuti «ribelli».
Tutto inizia poco dopo le nove e tra video dei residenti rimbalzati sui social e strade chiuse, in pochi minuti il caso esplode. Con il direttore Giacinto Siciliano e il comandante delle guardie Manuela Federico, arrivano anche il que
La mediazione
Il magistrato: portiamo le istanze alle autorità Segnali di protesta anche a Opera
store Sergio Bracco e i pm Gaetano Ruta e Alberto Nobili. Sono loro ad intavolare una lunga trattativa con i «ribelli» per convincerli a desistere.
I magistrati salgono ad altezza tetto grazie a una gru dei vigili del fuoco: «Il coronavirus non c’entrava nulla. Nel senso che la protesta era legata alle pesanti condizioni di sovraffollamento: a San Vittore ci sono 1.200 detenuti, anche se la capienza è di soli 700». Quanto alle richieste avanzate dai rivoltosi prima di arrendersi, Nobili spiega di non aver fatto «alcuna promessa»: «Abbiamo garantito solo che avremmo fatto presenti le loro istanze agli organi competenti».
La resa definitiva è arrivata poco prima delle 17 quando gli ultimi reclusi hanno deciso di scendere e tornare in cella. Ma quella di ieri rischia di essere solo una tregua. Negli ultimi due giorni sono 22 le carceri italiane dove si sono verificati disordini. E tra emergenza da Covid-19 e sovraffollamento, i problemi non si risolveranno a breve. Per tutto il giorno le forze dell’ordine hanno acceso i riflettori anche sul supercarcere di
Opera. Lì domenica pomeriggio ci sono state le prime avvisaglie di protesta. Continuate anche ieri. Ma la situazione non è mai davvero esplosa.
Come avvenuto invece a Pavia intorno alle 20 di domenica: un gruppo di detenuti è riuscito a impossessarsi delle chiavi delle celle e ha «liberato» altri compagni. Poi insieme hanno preso in ostaggio due agenti di custodia (uno è stato ferito dal lancio di un estintore). Una situazione molto tesa, durata un’ora almeno, poi i due sono stati liberati. Ma i disordini sono proseguiti a lungo. Da Milano sono arrivati i rinforzi del Terzo reparto mobile della «celere» e del Battaglione dei carabinieri. Cinquanta detenuti sono rimasti sul tetto fino alle 3.30 di notte. Fuochi accesi e urla contro gli agenti.