«Mai mollare»: la Lombardia che si inventa una vita in casa
Uffici svuotati, niente scuola, basta attività sportive. Ovunque si organizza la «resistenza» all’epidemia Lezioni con i prof in remoto e gare di cucina, gli adolescenti scoprono un nuovo utilizzo del web E ovunque la solidarietà non manca per aiutare chi
Vigili per strada con l’altoparlante, numeri verdi con sostegno psicologico, universitari che ritirano farmaci e spesa per gli anziani, messaggi di speranza nei cantieri, pizze sospese per rianimatori, vitto e alloggio gratis per medici e infermieri in prima linea: la Lombardia si reinventa per reagire all’epidemia.
Sette negozi, da piazza del Duomo alla Bovisa fino a Porta Genova: webcam esaurite nel giro di poche ore.
«I ragazzi vogliono collegarsi con più amici in contemporanea, c’è una ondata di richiesta, osserva un commesso della Mondadori. La «seconda vita» sui social network inizia oggi, subito. Gli adolescenti hanno smesso di protestare. In fretta hanno capito che per un po’ non potranno vedersi dal vivo, vista l’emergenza. Ma altrettanto in fretta cercano soluzioni nel mondo virtuale. Moltiplicano le video chat e le prolungano all’infinito.
Interi gruppi, sempre più grandi, in contatto via etere tra sfide, chiacchiere, aperitivi e giochi. Schermi pieni di visi, tutti che parlano. Ognuno da casa propria. «Fa simpatia questo risveglio fantasioso messo in campo e viene una domanda — considera Serenella Banfi, psicoterapeuta —. La ricerca di socialità a tutti i costi non è anche un modo per esorcizzare il timore di restare soli?».
Le giornate si sono improvvisamente svuotate dalla scuola e dagli sport. Di fronte all’indicazione di non uscire più dall’oggi al domani, un certo scompenso è naturale. Loro reagiscono così. Tengono vivo lo scambio di relazioni ad ogni costo. «Rispettano le regole ma aggirano la paura, si incontrano virtualmente in gruppi, restano in contatto costante all’interno di video chat collettive che durano ore.
Si difendono da timori che sono contagiosi proprio come il pericoloso virus», osserva Chiara Lupo del Centro studi famiglia. Non sono abituati ad annoiarsi. Stanno imparando adesso ad aver pazienza, e non è un fatto banale. Loro ci provano così.
Nina Feraboli, 16 anni, liceale al classico Beccaria, assieme alle amiche ha organizzato una gara di cucina con tanto di preparazione di plumcake torte e pasticcini in diretta, tipo «Masterchef», il reality televisivo degli aspi
ranti cuochi. Poi hanno postato le foto su un profilo creato
ad hoc su Instagram e una giuria di compagni (maschi), sempre in questa sorta di conference call, ha decretato il migliore. «Abbiamo sperimentato le lezioni da remoto con la prof di matematica e adesso usiamo le piattaforme di gruppo», spiega Nina.
Isabella Sabatini, 24 anni, impiegata alla Fondazione Feltrinelli, ha lanciato l’idea di un aperitivo da remoto, con tarallucci e vino, e l’hanno seguita in tantissimi: «Ci siamo ripromessi di farne uno ogni giorno per smorzare la tensione» dicono. Convergono per età e per quartiere, sul web invece che in piazza. Ieri erano in centinaia a commentare in diretta il concerto di Clementino, rapper napoletano che va per la maggiore tra i giovanissimi, mentre Jovanotti recitava sui social delle poesie.
Le iniziative per socializzare aumentano di ora in ora, fanno concorrenza all’utilizzo dei videogame. Gli universitari di Uds (Unione degli studenti) annunciano ripetizioni via Skype gratuite, altri studenti organizzano sessioni di ginnastica insieme, ma sempre da remoto.
Pochi quelli che approfittano per stare un po’ soli, ma qualcuno c’è. Scrive al Corriere
della sera un lettore sedicenne, Federico Bonetti: «In questi giorni sto leggendo molto, ho scritto, ho imparato a memoria il copione dell’Amleto di William Shakespeare e il monologo finale in inglese del film Il grande dittatore, diretto e interpretato da Charlie Chaplin. Questo periodo di isolamento insegna a stare con se stessi. E a compiangersi il meno possibile, guardando invece avanti, e alla collettività che oltre il muro di casa, ci circonda».
La psicoterapeuta
«C’è una ricerca di socialità a tutti i costi per esorcizzare il timore di restare soli»