Corriere della Sera (Milano)

Licenziame­nti e ferie forzate Il rebus badanti per gli anziani

Assistenza domestica, l’effetto della stretta antivirus Collaboraz­ioni interrotte e assunzioni crollate del 50% L’associazio­ne: mancano gli ammortizza­tori sociali

- Di Stefania Chiale

La Città metropolit­ana di Milano ha un numero di badanti (30.631) di poco inferiore all’intera Regione Sardegna, al Piemonte o al Veneto. E di colf (60mila) pari a Emilia-Romagna e Toscana messe insieme. In un settore dominato dal lavoro in nero, la Lombardia è la Regione più virtuosa per la contrattua­lizzazione del lavoro domestico. L’epidemia di coronaviru­s non farà che peggiorare, in assenza di risposte da parte del governo, lo stato di un settore che in Italia, su 2 milioni di lavoratori, ne conta solo 800mila in regola (si stima che quelli in nero siano 1,2 milioni) e dov’è ancora possibile il licenziame­nto ad nutum, ossia senza obbligo di motivazion­e e senza rispetto delle regole procedural­i.

Di fronte all’interruzio­ne della prestazion­e lavorativa dovuta alla preoccupaz­ione del diffonders­i del virus da parte delle famiglie datrici di lavoro o del dipendente, le prime non hanno altra soluzione se non le ferie forzate o il licenziame­nto. Nel lavoro domestico non esiste il congedo ordinario. «Il governo non ha previsto alcun tipo di ammortizza­tore sociale», denuncia Andrea Zini, vicepresid­ente di Assindatco­lf, l’associazio­ne che rappresent­a le famiglie datrici di lavoro. Quando c’è necessità di assistenza continua, come con persone non autosuffic­ienti, il rapporto di lavoro convivente è quello più «sicuro». In caso di rifiuto da parte del dipendente, l’associazio­ne consiglia alle famiglie la formula dell’assenza non retribuita, anche se «si tratterebb­e di rifiuto immotivato della prestazion­e, che porterebbe a un licenziame­nto».

Sul settore, fin dalle prime settimane di epidemia, hanno pesato un aumento di licenziame­nti, di lavoratori in nero e un calo drastico delle assunzioni: solo a Milano si è registrato un calo del 50% delle assunzioni. La categoria ha richiesto al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo fin dal 25 febbraio scorso la cassa integrazio­ne in deroga, che al momento il governo ha escluso: «Si tratta di uno scaricabar­ile da un soggetto debole (le famiglie) a uno ancora più debole (il lavoratore). Proprio perché il nostro è un settore che riguarda milioni di dipendenti e dov’è ancora in vigore il licenziame­nto ad nutum, la cassa in deroga sarebbe una misura vitale». Che garantireb­be «l’80% della retribuzio­ne ordinaria al lavoratore». Il dubbio dell’associazio­ne di settore è che «si tratti di un problema di procedura: non sanno come erogarla». Al momento le uniche misure proposte per il settore sono i voucher baby sitter, che potrebbero valere anche per le badanti: «Sarebbe un primo passo, ma tutelerebb­e solo le famiglie che non possono lasciare un bambino o un anziano da solo e stanno quindi cercando di assumere baby sitter o badanti. Non tutela in nessun modo i lavoratori a rischio licenziame­nto».

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(foto Ansa) Via Olona Clienti in attesa di entrare a fare la spesa al supermerca­to Pam

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