Licenziamenti e ferie forzate Il rebus badanti per gli anziani
Assistenza domestica, l’effetto della stretta antivirus Collaborazioni interrotte e assunzioni crollate del 50% L’associazione: mancano gli ammortizzatori sociali
La Città metropolitana di Milano ha un numero di badanti (30.631) di poco inferiore all’intera Regione Sardegna, al Piemonte o al Veneto. E di colf (60mila) pari a Emilia-Romagna e Toscana messe insieme. In un settore dominato dal lavoro in nero, la Lombardia è la Regione più virtuosa per la contrattualizzazione del lavoro domestico. L’epidemia di coronavirus non farà che peggiorare, in assenza di risposte da parte del governo, lo stato di un settore che in Italia, su 2 milioni di lavoratori, ne conta solo 800mila in regola (si stima che quelli in nero siano 1,2 milioni) e dov’è ancora possibile il licenziamento ad nutum, ossia senza obbligo di motivazione e senza rispetto delle regole procedurali.
Di fronte all’interruzione della prestazione lavorativa dovuta alla preoccupazione del diffondersi del virus da parte delle famiglie datrici di lavoro o del dipendente, le prime non hanno altra soluzione se non le ferie forzate o il licenziamento. Nel lavoro domestico non esiste il congedo ordinario. «Il governo non ha previsto alcun tipo di ammortizzatore sociale», denuncia Andrea Zini, vicepresidente di Assindatcolf, l’associazione che rappresenta le famiglie datrici di lavoro. Quando c’è necessità di assistenza continua, come con persone non autosufficienti, il rapporto di lavoro convivente è quello più «sicuro». In caso di rifiuto da parte del dipendente, l’associazione consiglia alle famiglie la formula dell’assenza non retribuita, anche se «si tratterebbe di rifiuto immotivato della prestazione, che porterebbe a un licenziamento».
Sul settore, fin dalle prime settimane di epidemia, hanno pesato un aumento di licenziamenti, di lavoratori in nero e un calo drastico delle assunzioni: solo a Milano si è registrato un calo del 50% delle assunzioni. La categoria ha richiesto al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo fin dal 25 febbraio scorso la cassa integrazione in deroga, che al momento il governo ha escluso: «Si tratta di uno scaricabarile da un soggetto debole (le famiglie) a uno ancora più debole (il lavoratore). Proprio perché il nostro è un settore che riguarda milioni di dipendenti e dov’è ancora in vigore il licenziamento ad nutum, la cassa in deroga sarebbe una misura vitale». Che garantirebbe «l’80% della retribuzione ordinaria al lavoratore». Il dubbio dell’associazione di settore è che «si tratti di un problema di procedura: non sanno come erogarla». Al momento le uniche misure proposte per il settore sono i voucher baby sitter, che potrebbero valere anche per le badanti: «Sarebbe un primo passo, ma tutelerebbe solo le famiglie che non possono lasciare un bambino o un anziano da solo e stanno quindi cercando di assumere baby sitter o badanti. Non tutela in nessun modo i lavoratori a rischio licenziamento».