Alla frontiera svizzera più controlli in dogana Due ore in coda ai valichi
Il Ticino chiede altri agenti per rinforzare il confine Respinto chi non si muove per motivi di lavoro Le aziende elvetiche: i dipendenti italiani restino qui
COMO Rinforzi in Ticino, stretta sui controlli e lunghe code di auto alle dogane tra Italia e Svizzera. I frontalieri continuano, al momento, a muoversi tra i due Paesi per andare al lavoro e tornare a casa, ma su entrambi i fronti sono state potenziate le verifiche. Chiunque voglia varcare il confine deve dimostrare di essere autorizzato a farlo e decine di persone sono state respinte. Da oggi è previsto un ulteriore incremento degli accertamenti. Il Canton Ticino ha chiesto rinforzi al Consiglio Federale di Berna con l’intento di assicurare una presenza fissa di agenti del corpo delle guardie di confine in tutti i valichi stradali, ferroviari e della navigazione. L’intento è di fermare chiunque non abbia un documentato motivo di lavoro ed evitare ingressi non consentiti in territorio elvetico. Identica indicazione anche in senso opposto, visto che la Confederazione Elvetica ha chiesto a tutti i cittadini di evitare viaggi non strettamente necessari in Italia.
Già da ieri l’aumento dei controlli alle dogane si è tradotto in lunghe code e tempi dilatati per attraversare il confine. I frontalieri devono mostrare il permesso di lavoro e molti a questo hanno aggiunto anche una specifica dichiarazione del datore di lavoro che certifica l’esigenza professionale. I controlli in molti casi sono doppi, in uscita dall’Italia con polizia e Guardia di finanza e in entrata in Svizzera con le guardie di frontiera. A Ponte Chiasso ci sono frontalieri che hanno atteso fino a due ore per poter varcare il confine. Ieri, l’ipotesi di una ulteriore stretta sulle restrizioni previste in Lombardia e l’incertezza sui tempi di percorrenza per attraversare le dogane ha spinto decine di datori di lavoro che ancora non lo avevano fatto a chiedere ai dipendenti italiani di trasferirsi temporaneamente in Ticino. In alcuni casi si è trattato di veri e propri diktat, con la scelta tra spostarsi in Svizzera o sospendere l’attività lavorativa. Numerose aziende hanno incrementato le forme di telelavoro e smart working.
La Lega dei Ticinesi ha attaccato il governo federale per la decisione di non fermare gli italiani e il consigliere Lorenzo Quadri ha chiesto le dimissioni del governo ticinese. Il consigliere federale Ignazio Cassis ha sottolineato come sia stata la Svizzera a chiedere all’Italia di garantire l’uscita dei frontalieri, in particolare per evitare il rischio di paralisi in Ticino del comparto sanitario.