Corriere della Sera (Milano)

I GIORNI SENZA FRETTA POSSONO FARE LA DIFFERENZA

- Scuola dell’infanzia Valeria Gatti Carla Brusa Rosella Buzzi Giovanni Pesce, figlio e papà

Sono la coordinatr­ice della scuola infanzia di Uboldo. Abbiamo dato a domicilio ai nostri bambini un kit di «sopravvive­nza»: un sacchetto con i protagonis­ti dei nostri video che posteremo ogni giorno sulla nostra pagina Facebook.

Anche i bambini piccoli hanno bisogno di stimoli; anche le famiglie hanno bisogno di avere momenti di condivisio­ne pensati e adeguati all’età dei figli. Vogliamo anche mantenere viva la relazione scuola-famiglia in questo periodo di emergenza. Ci è sembrata un’idea da diffondere.

Messaggi contrastan­ti

Per un mese tutti gli specialist­i hanno detto che le mascherine servivano solo a medici e agli infetti. Intanto però, in television­e e su internet, si vedevano immagini in arrivo dalla Cina con persone che la indossavan­o ovunque, dalla mensa alla strada, dai mezzi pubblici ai negozi (tra l’altro, chiusi a lungo). Anche la comunità cinese di Milano ne ha

Caro Schiavi, ho bisogno di leggerezza in questi giorni duri e così mi sono ricordata degli anni ’50-‘60 in cui non tutti potevano permetters­i una vacanza. Il fatto non veniva vissuto come una mortificaz­ione e sento ancora l’allegra voce del signor Seregni, quando i suoi vicini caricavano la macchina con destinazio­ne lago o mare. Lui rispondeva con allegria: «Anch’io tra poco parto... vado a Caresto». Lo guardavano con aria stupita ma convinti che se ne andasse in vacanza chissà dove; invece restava a casa. Anche noi ora abbiamo scoperto un nuovo luogo di villeggiat­ura : Caresto. Se ci pensiamo un attimo non c’è luogo più bello al mondo: restare tra le mura di casa che ti abbraccian­o, ti consolano, ti proteggono, ti fanno riscoprire il calore del «focolare» e magari anche un po’ di noia. Mai come ora ci sentiamo fortunati di avere una casa.

Certo stiamo tutti un po’ più stretti, ma possiamo approfitta­re di questa pausa dalla frenesia di pochi giorni fa per dare una svolta e ripianific­are le nostre abitudini. Intanto riprendiam­o a fare colazione tutti insieme e, se il buon giorno si vede dal mattino, non è poi tanto male. Poi ci sono le attività che vanno dalla cura della persona a quelle della casa, mettere a posto cassetti e vecchie carte, organizzar­e il pranzo o uno fatto subito uso: mascherine in via Paolo Sarpi ne ha fotografat­e anche il Corriere. Adesso gli esperti hanno cambiato idea, si dice che le mascherine sono utili, che devono essere usate. I prezzi erano lievitati già prima, figuriamoc­i ora. Nel frattempo, la solita certezza all’italiana: sono sparite.

Rischi per i nonni spuntino. Poi un buon libro, suonare uno strumento, il rosario per chi crede, i giochi da tavolo che avevamo abbandonat­o… Ai giovani sembrerà di essere reclusi perché mancherà loro il contatto diretto con gli amici ma la tecnologia ci viene incontro: si può socializza­re da lontano. Pensiamo piuttosto a coloro che hanno bisogno di essere accuditi: i nostri anziani, i malati, i clochard e tutti gli indigenti che aspettano una carezza, una visita, un pasto caldo. Non lamentiamo­ci di queste restrizion­i e soprattutt­o pensiamo che lo facciamo per noi e per la comunità: destinazio­ne Caresto, meglio di tante altre…

Cara Rosella, nei prossimi giorni Caresto sarà (volente o nolente) la nostra Saint Tropez. Cerchiamo di vivere e di far vivere questa parentesi ai domiciliar­i senza ansie, dando utilità al tempo e alle relazioni in famiglia. Non è poi così male.

L’arcivescov­o Delpini ha incoraggia­to la riscoperta di questo tempo senza fretta per pensare, come forse faceva il signor Seregni. Restando in casa aiuteremo i medici in trincea a salvare anche qualche vita. E questo non ha prezzo.

Uso delle mascherine

Da quando le scuole hanno chiuso, decine di migliaia di genitori-lavoratori hanno affidato i figli ai nonni. Era la scelta più ovvia, per molti l’unica possibile.

Eppure quella scelta obbligata è anche potenzialm­ente mortifera e non ci abbiamo pensato subito. Purtroppo ce ne rendiamo conto solo oggi.

Erano loro, i nonni, i primi da tenere al riparo dai bambini che, sta emergendo, sono potenziali agenti di contaminaz­ione senza sintomi.

Avrebbe dovuto essere lanciato da subito un messaggio chiaro: evitate in modo assoluto ogni contatto con gli anziani di famiglia. Invece, la chiusura delle scuole ha prodotto l’esatto contrario: decine di migliaia di ultra-settantenn­i a stretto contatto con i loro nipoti. Gli abbiamo portato in casa un rischio elevato, senza saperlo.

Siamo davvero sicuri che la chiusura delle scuole gestita in quel modo sia stata la scelta più giusta ?

Nessun avvertimen­to

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