Fedeli, talento di famiglia
L’attore è uno dei nomi emergenti dell’Elfo
In un paese dove sotto la magica formula «under 35» si è tutti giovani, Daniele Fedeli è una felice eccezione. Perché, con i suoi 25 anni, giovane lo è davvero. Ha bruciato le tappe grazie a un talento istintivo ed empatico e perché il teatro ha cominciato ad assaporarlo nel biberon, grazie alla compagnia amatoriale di suo padre. Ora è in forza al Teatro dell’Elfo, protagonista de «Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte» di Simon Stephens dal romanzo di Mark Haddon, diretto da Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani.
Come nasce la sua vocazione teatrale?
«Fin da piccolo ho gravitato in un ambiente teatrale perché mio padre aveva una compagnia amatoriale al mio paese, Montecelio, vicino a Tivoli. La prima volta in scena fu a 8-9 anni in “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo. A 12 anni è stata la prima vera
Per la drammaturgia Milano è il posto migliore dove vivere Qui si sperimentano molti generi diversi
parte: facevo il nunzio nella “Medea” di Euripide. Per me era un gioco serissimo. La formazione vera e propria è avvenuta però negli anni del liceo, studiando e leggendo testi. Poi mio fratello entrò alla Scuola Paolo Grassi di Milano. Lui era per me un punto di riferimento, colui che stava fuori dalla dimensione famigliare e faceva da tramite con un mondo teatrale più ampio. Così maturò in me la voglia di continuare.
Quali sono stati i suoi maestri, reali e ideali?
«Sempre negli anni del liceo, feci laboratori e incontrai persone per me importanti, come Danio Manfredini e Michele Monetta. Poi sono punti di riferimento ideali Chiara Guidi della Societas per la ricerca vocale, Antonio Rezza,
Paolo Poli, Silvia Pasello». Come è arrivato a Milano? «Tre anni fa provai a entrare alla Scuola del Piccolo e alla Paolo Grassi. Non venni preso, ma Maria, la mia ragazza, fu ammessa alla Paolo Grassi e io decisi di trasferirmi a Milano con lei, pur non conoscendo nessuno. Avevo però un contatto con Giuseppe Isgrò, che era stato al mio paese con uno spettacolo: lo chiamai, stava cercando due attori per “Malagrazia”. Fui scelto. Continuo a collaborare con lui e con la sua compagnia Phoebe Zeitgeist: sono un punto di riferimento per me importantissimo. Tramite Isgrò conobbi Ferdinando Bruni che stava cercando il protagonista de “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”. Lui si ricordava di me perché mi aveva visto al Premio Hystrio nel 2012, mio primo incontro con l’ambiente teatrale di Milano e tappa fondamentale della mia esperienza. Mi chiamò e mi propose la parte».
Come è stato il suo impatto con la Milano teatrale?
«Per me Milano è il posto dove stare per fare teatro perché qui si possono sperimentare e vedere generi molto diversi. A Milano ho visto spettacoli importantissimi per la mia formazione: “Il giardino dei ciliegi” diretto da Lev Dodin al Piccolo, e all’Elfo Puccini “Il regno profondo. Perché sei qui?” della Societas, “Luciano” di Danio Manfredini, “Angels in America”. Elfo Puccini e Contraddizione sono i teatri che amo di più». Come passa il tempo in questo periodo?
«Saremmo dovuti essere in tournée con “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” e invece sto a casa: studio, cucino, guardo film, suono la chitarra, scrivo, aiuto Maria a fare la tesi di diploma della Paolo Grassi. Questo tempo di vuoto potrebbe essere anche prezioso».