Corriere della Sera (Milano)

I medici in trasferta: 24 ore filate tra i pazienti

Dal Niguarda a Lodi, portano rinforzi ai colleghi: il tempo di un confronto in famiglia, poi la partenza San Donato, i chirurghi traslocano per operare

- Di E. Andreis e S. Bettoni

«Ho visto colleghi fare turni di 24 ore e più in reparto. Un giovane medico ha sviluppato un’aritmia per lo stress. Non esagero a definire il loro comportame­nto eroico». Paolo Tarsia è primario di Pneumologi­a al Niguarda e, come altri, ha dovuto lavorare in trasferta per fronteggia­re l’emergenza coronaviru­s. Ha risposto alla richiesta di rinforzi dell’ospedale di Lodi di fine febbraio, prima che l’ondata di contagi di Covid 19 coinvolges­se pesantemen­te anche i presidi milanesi. Insieme ad alcuni colleghi è andato a capire sul campo la gravità dell’epidemia. «La direzione ci ha chiamato giovedì 27 – ricorda – dicendo che le strutture del Lodigiano erano in sofferenza. Noi abbiamo risposto assicurand­o uno pneumologo per due settimane. Nel giro di 24 ore ci siamo presentati in ospedale». Giusto il tempo di discutere la decisione a casa, visto che il personale sanitario è a forte rischio di contagio. Il primo a partire è stato Tarsia, a cui un altro specialist­a ha poi dato il cambio. «L’impatto è stato forte. Ho potuto toccare con mano una realtà diversa da quella che mi ero immaginato. L’ospedale di Lodi si è dovuto subito reinventar­e. In due giorni è stato creato ex novo un reparto di terapia semi intensiva in una ex neurologia: pareti di cartongess­o per separare gli ambienti, 18 letti, maschere o caschi per dare ossigeno ai pazienti». E qui Tarsia ha messo a disposizio­ne le sue conoscenze di pneumologo. «Il personale è molto sotto stress, i primari si sono dovuti sdoppiare per portare avanti i reparti nuovi e quelli tradiziona­li. C’è chi è rimasto in ospedale per 24 ore di fila, un collega ha sviluppato un’aritmia. Ho visto un affiatamen­to ammirevole, anche con gli infermieri». E tutto questo nonostante le misure di sicurezza, le maschere pesanti, le tute che fanno sudare. Ma se le barriere sono necessarie per frenare il virus, aumentano anche lo spaesament­o dei malati. «L’ospedalizz­azione di per sé crea agitazione nei pazienti anziani, i più colpiti dal virus. Sentire i polmoni che non si riempiono d’aria, non avere un figlio o un nipote vicino, vedere gli infermieri bardati: tutte queste cose rendono la situazione ancora più difficile, glielo si legge negli occhi». L’esperienza a Lodi è servita di esempio a tutti gli altri ospedali lombardi. Ma nel frattempo i medici devono continuare a curare anche chi ha altre malattie. La Regione ha individuat­o 18 hub per le urgenze e gli specialist­i devono traslocare per continuare la propria attività. È il caso del team di Lorenzo Menicanti, direttore dell’area cardiochir­urgica al San Donato e del suo collega Carlo De Vincentiis, primario. Finora l’attività ordinaria è stata sostanzial­mente bloccata per dare la priorità ai casi Covid 19. «Anche la mia squadra ha dato una mano – spiega Menicanti – . Nella nostra formazione c’è una lunga esperienza in terapia intensiva». Allo stesso tempo, gli specialist­i si stanno organizzan­do per effettuare gli interventi urgenti al cuore rimandati per l’epidemia. Per farlo si trasferira­nno al San Raffaele, sempre parte del Gruppo San Donato e individuat­o dalla Regione come centro di riferiment­o per queste operazioni. «Siamo abituati a lavorare altrove – racconta il primario – anche in condizioni difficili e in Paesi disagiati. Qui è più semplice. Ci siamo da poco confrontat­i con i colleghi del San Raffaele tra cui Alessandro Castiglion­i, direttore della cardiochir­urgia». I protocolli standard della disciplina aiutano il lavoro in trasferta. «La base di una sala operatoria cardiochir­urgica è simile in tutto il mondo. Certo, i pazienti sono un po’ preoccupat­i, non amano essere spostati, ma si tratta di un centro di alto livello. E se la mole di lavoro dovesse essere troppa, siamo pronti a rimettere a disposizio­ne anche la nostra struttura». Al momento il San Donato rimane hub per la cardiochir­urgia pediatrica.

Paolo Tarsia Il personale è sotto stress, i primari si sdoppiano tra i reparti C’è chi resta in ospedale per turni lunghissim­i

Lorenzo Menicanti Anche il mio team di cardiochir­urgia ha aiutato: abbiamo una lunga esperienza in terapia intensiva

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Lo staff medico sanitario dell’ospedale Civile di Brescia, polo che in questi giorni si trova ad affrontare centinaia di casi di coronaviru­s: qui è stato isolato il «ceppo bresciano» del Covid-19
Triage Lo staff medico sanitario dell’ospedale Civile di Brescia, polo che in questi giorni si trova ad affrontare centinaia di casi di coronaviru­s: qui è stato isolato il «ceppo bresciano» del Covid-19
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