«Offro la mia casa ai dottori» Scambio solidale nato in famiglia
È l’«affitto sospeso»: c’è chi regala spazi, chi le pulizie Alloggi già a quota 600, Miriana la promotrice: l’idea durante le chiamate con mia madre in reparto
Seicento case gratis a medici e infermieri che lavorano in prima linea, e il numero è destinato a crescere. Quando si impegna con lo spirito pratico che la contraddistingue, Milano diventa grande. Si è messa in moto con una duplice onda. Da una parte c’è chi ha deciso di prestare la propria casa a fondo perduto, senza ricevere alcun compenso, fino a metà aprile. Dall’altra c’è chi fa colletta per coprire i costi vivi legati a quei «prestiti», come le pulizie e la sterilizzazione degli ambienti che in questa situazione devono essere più accurate che mai.
È una sorta di «affitto sospeso» partito dal basso, a dispetto delle difficoltà economiche e di un mercato turistico in ginocchio. L’idea della colletta, in particolare, arriva dalla società di gestione immobiliare Guesthero e tra i primi ad aderire c’è Miriana Bo, 24 anni, sensibile al problema anche per storia personale. «Sono receptionist in un albergo e figlia di medico — spiega —. All’hotel dove lavoro, in zona Buenos Aires, vedo le stanze tutte vuote e mi si stringe il cuore perché mia madre mi racconta che il personale medico e paramedico avrebbe un incredibile bisogno di spazi “isolati” dove poter riposare dopo turni massacranti». Sua madre, Ilaria, è cardiochirurgo al Monzino, cura pazienti gravissimi colpiti dal coronavirus e con patologie pregresse legate al cuore: «Ci salutiamo solo via Skype, lei si fa vedere mentre si toglie la mascherina. Le restano sul viso il segno degli elastici e il terrore che non abbiano aderito bene, che il virus sia potuto passare. Chi non ha una casa separata dalla famiglia dove dormire in queste settimane ha un peso aggiuntivo che rende lo stress insostenibile». Miriana non naviga nell’oro, ma ha pagato le spese di una casa che a sua volta un altro proprietario aveva messo gratuitamente a disposizione. Sono piccoli contributi che fanno la differenza.
Matteo Lanfranconi, free lance, con la moglie Chiara ha offerto il bilocale di solito affittato su Airbnb. Spiega Matteo:
«Da anni faccio il volontario con la Croce Rosa Celeste, ci sono tante chiamate critiche, tutti sospetti casi di Covid. Da fuori non si immagina la fatica. Sono interventi lunghi, con misure di precauzione estenuanti per entrare nelle case e negli ospedali». Mascherina sulla bocca, tuta, visiera, copriscarpe, infine sterilizzazione dell’ambulanza. «È una emergenza che vivo sulla mia pelle, mi piacerebbe che tutti quelli che hanno un alloggio in più facessero come noi». È un sogno ma si fa concreto se è vero che dopo solo due ore che Airbnb aveva diramato l’appello ai suo 17 mila host, avevano già risposto decine di milanesi. Allo sforzo si aggiunge l’associazione dei gestori immobiliari guidata da Stefano Bettanin con gli aderenti: Brera apartments, Italianway, Halldis, Sweetguest, Altido, CleanBnb e Wonderful Italy, per citarne alcuni. Nel settore ricettivo nessuno demorde. Anzi si guarda alla ripresa: «Io credo che alla fine di questo tunnel, per un po’ di tempo, gli italiani preferiranno mete domestiche, vicine», sostiene Marco Celani, Ad di Italianway, che in un giorno e mezzo ha trovato 120 proprietari disponibili. «Un “contagio” buono di cui c’è bisogno», nota Nicola di Campli, fondatore di Guesthero. E Giacomo Trovato, country manager di Airbnb: «Nel nostro caso sono stati gli stessi host a farsi avanti per primi chiedendo di poter offrire le loro case, prima che lanciassimo l’iniziativa. Mi aspetto in poco tempo qualche centinaio di adesioni». Ma Milano è una città straordinaria, a volte sorprende e supera persino le attese.
Lavoro in un hotel, vedo le stanze vuote e mi si stringe il cuore: di ambienti simili il personale sanitario ha disperatamente bisogno