Corriere della Sera (Milano)

I corridori si fermano: contro di noi è caccia alle streghe

Con un «gesto di responsabi­lità» le associazio­ni di podisti replicano all’accusa di ignorare le regole

- S. Lan.

Non esagerano quando dicono di sentirsi vittime di linciaggio mediatico. «Ci siamo ritrovati nel mirino, come fossimo complici della diffusione del coronaviru­s». Questo il pensiero dominante nella comunità (sempre più estesa) dei runner metropolit­ani. Il motivo sono le polemiche esplose in questi giorni di coprifuoco, in cui tanti non hanno rinunciato alla corsetta quotidiana. Però poi ecco che qualcuno spiega l’equivoco di fondo. L’abito non fa il monaco, ma può aiutare a mettere a fuoco il vero runner. Quello lo riconosci dall’orario (scomodo). Va da solo, con sullo sfondo due cavallette o due nutrie, se va sul Naviglio. Enzo Vitale, 54 anni, di cui gli ultimi 20 passati con la sindrome di Forrest Gump, ha 25 maratone a curriculum: «Ho continuato a correre, ma sempre all’alba. Esco di casa che la città dorme ancora. Domenica, da casa mia in zona Piola ho fatto 32 chilometri. Tutta la ciclabile fino a Peschiera. Avrò incrociato quattro o cinque persone al massimo, stando sempre attento a deviare la marcia per non avvicinarm­i a nessuno», racconta. Enzo si era già fatto la gamba per la maratona di Milano. Cancellata. Ha dato un occhio al calendario per concentrar­si su quella successiva. Rinviate. «La gente ci ha messo nel mirino, ma chi corre con passione lo fa in modo responsabi­le, rispettand­o le regole. Il runner è una persona consapevol­e. Io per esempio non lo faccio in città, ma cerco i miei percorsi poco battuti. In questi giorni ho smesso di allenarmi in gruppo e l’ho fatto da solo. Se mi dicono di mettere, starò a casa. Però è dura, sia da un punto di vista fisico che mentale».

È un dato di fatto che, complice il bel tempo, i parchi rimasti aperti non davano l’idea di essere deserti. Palestre e pista scine chiuse hanno contribuit­o a creare traffico. «Non fumo quindi non vado a comprare le sigarette. Faccio la spesa online, non ho il cane. Sono l’ultimo che pesa sul momento», dice Vitale.

Il grande dibattito che si è scatenato intorno alle libertà che i runner si sono presi ha portato anche a decisioni collettive. Ieri, due dei grandi club milanesi, gli Urban Runners e i Road Runners, hanno invitato gli iscritti a stare a casa. La direttiva interna è partita a mezzo social: «I nostri allenament­i del mercoledì sera erano già sospesi con la prima ordinanza. Ma davanti a quecaccia alle streghe è il momento di fermarsi. Se l’hanno fatto gli atleti veri, dobbiamo farlo anche noi, per dare l’esempio a chi corre per passione», dice Valentina Aglioti, responsabi­le degli Urban.

Nel logo della comunicazi­one l’hanno scritto in grande e in rosso. «Un gesto di responsabi­lità e buon senso. Anche se spiace essere stati confusi con gente che con la corsa ha poco a che fare». E butta lì tre indizi. «Un runner non va a correre nell’orario di punta, con la giacca di pelle e le scarpe da festa».

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● Valentina Aglioti, oltre che habitué della corsa, è responsabi­le del club degli Urban Runners, collettivo di corridori metropolit­ani
Veterana ● Valentina Aglioti, oltre che habitué della corsa, è responsabi­le del club degli Urban Runners, collettivo di corridori metropolit­ani

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