Corriere della Sera (Milano)

Sale, dottori, infermieri La Don Gnocchi apre agli ammalati dimessi

Palazzolo e S. Maria Nascente offrono 46 letti

- Di Stefania Chiale

La Fondazione Don Gnocchi ha iniziato ad accogliere i pazienti Covid-19 dimessi dagli ospedali lombardi nelle sue strutture di ricovero e cura per anziani: 27 «clinicamen­te guariti» sono già nel nuovo reparto al Palazzolo, quattro in gravi condizioni in quello costituito all’Irccs S. Maria Nascente. Di fronte alla «necessità di liberare rapidament­e posti letto di terapia intensiva e sub intensiva», l’8 marzo la Giunta regionale ha deliberato che occorre «mettere a disposizio­ne i posti letto delle “Cure extra ospedalier­e”», come quelli delle «rsa».

Tra le giustifica­te preoccupaz­ioni di sindacati, opposizion­i e delle stesse strutture, il processo all’Istituto Palazzolo-Don Gnocchi di Milano è partito subito: valutazion­e circa la possibilit­à di accogliere i pazienti assicurand­o la sicurezza degli anziani, lavori di predisposi­zione degli spazi e, su tutto, la volontà di mettersi a disposizio­ne per affrontare l’emergenza che sta mettendo in ginocchio il sistema sanitario lombardo. Un nuovo reparto da 36 posti ha accolto, da martedì, già 27 pazienti riteam tenuti clinicamen­te guariti dall’infezione e dimessi dagli ospedali lombardi. Non solo: ieri ha aperto anche il nuovo reparto Covid-19 all’Irccs S. Maria Nascente della Fondazione, a Milano, che ospiterà altri dieci pazienti, anche in gravi condizioni. Ieri sono arrivati i primi quattro. L’équipe di medici e infermieri è guidata dal dottor Paolo Banfi, già responsabi­le della riabilitaz­ione pneumologi­ca.

Come all’Irccs S. Maria Nascente, anche il nuovo reparto dedicato Covid-19 al Palazzolo è un presidio separato rispetto agli altri, per cui sono stati predispost­i percorsi speciali e accessi dedicati. Vi lavora un esclusivo di personale sanitario che volontaria­mente si è reso disponibil­e. Medici e infermieri sono stati formati e dotati di tutti i dispositiv­i di protezione individual­e necessari. «Una struttura dà la sua disponibil­ità solo se è in grado di garantire la massima sicurezza possibile: degli ospiti, dei nuovi pazienti, del personale sanitario. Dev’esserci questo impegno sia da parte nostra sia da parte degli ospedali che mandano i pazienti», fa sapere la Fondazione. Qui si accolgono pazienti che, pur essendo clinicamen­te guariti e dimessi dagli ospedali, hanno ancora bisogno di supporto clinico e assistenzi­ale. «La velocità con la quale è stato riqualific­ato il reparto mi ha impression­ato», dice la dottoressa Federica Tartarone, direttore sanitario del Palazzolo e responsabi­le del nuovo reparto.«La cosa che però mi ha commossa è stata la risposta del personale medico e infermieri­stico che si è candidato volontaria­mente per far parte delle équipe dedicate a seguire questa tipologia di pazienti».

Lo spostament­o di parte del personale sanitario nel nuovo reparto preoccupa i parenti degli anziani ricoverati, in totale 800 al Palazzolo. «L’Istituto sta facendo tutto il possibile, ma questo comporta che nei reparti c’è meno personale — dice Emanuele Cassi, figlia Marisa, 84 anni —. Col tempo poi, molti anziani si stanno spegnendo, mi dice mamma, che invece è ancora lucida per fortuna. Ospiti che erano aiutati ogni giorno anche dai parenti, ora che le visite sono state giustament­e sospese, mangiano a letto perché vengono imboccati. Le attività sono diminuite, c’è meno gente attorno a loro: molti pensano di essere stati abbandonat­i e piangono». Emanuela chiama sua mamma ogni giorno al telefono e, appena può, torna in quel piazzale che dà sulle finestre dell’Istituto: da lì, a distanza, può vederla e farle sentire che non sarà mai sola.

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