Scarcerazioni per virus: «Basta ipocrisie»
La modesta deflazione del sovraffollamento delle carceri, abbozzata nell’ultimo decreto sul Covid-19, trascura chi sia detenuto non per condanna definitiva ma per custodia cautelare, e allora alcuni giudici di merito fanno da soli. «Senza ipocrisie»: scrive proprio così la I sezione del Tribunale di Milano nel motivare perché con un obbligo di dimora sostituisca la custodia cautelare in carcere a un arrestato nel dicembre 2019 per istigazione alla corruzione. «Senza ipocrisie va marcato — scrivono i giudici FazioDonadeo-Burza — come l’attenuazione sia giustificata anche dall’inevitabile allungamento dei tempi del processo implicato» dal rinvio dei processi ordinari, «e risponda in questo momento di emergenza nazionale pure all’esigenza di alleggerire le condizioni delle carceri e il conseguente crescente disagio psicologico dei detenuti». Un metro poi usato — qui già su richiesta del pm Stefano Civardi — per sostituire la custodia cautelare in carcere con un divieto di espatrio anche nel caso dell’imprenditore arrestato nel maggio 2019 per bancarotta di una societá di intercettazioni consulente della
Procura di Brescia. Mentre il sindacato Spp segnala la morte di un primo agente penitenziario, che si sarebbe contagiato in missione a Bergamo, dovunque i giudici di sorveglianza cercano di applicare tutto l’applicabile: ieri i 61mila detenuti in 47.200 posti disponibili erano scesi a 59.419. Sempre 12mila in più. Una situazione per la quale il Partito radicale (con il segretario Maurizio Turco, la tesoriere Irene Testa, quindi Rita Bernardini e Giuseppe Rossodivita) denuncia a tutte le Procure il ministro Bonafede e il capo del Dap Basentini per l’ipotesi di «procurata epidemia colposa mediante omissione».