Giudice nega i domiciliari: «Garbagnate è in zona rossa»
L’errore per un detenuto obeso e diabetico. L’Ufficio di Sorveglianza: in carcere non corre pericoli
Grande è la confusione da virus Covid 19 anche sotto i cieli della giustizia. Altrimenti non si spiegherebbe come, nel caso di un detenuto grande obeso secondo i parametri Oms e seriamente diabetico, rinchiuso nel carcere di Voghera teatro già del contagio di un recluso, la sua richiesta di poter scontare gli ultimi 6 mesi di pena in detenzione domiciliare a Garbagnate Milanese venga ora respinta dal giudice dell’Ufficio di Sorveglianza di Pavia non solo con la motivazione che in fondo in carcere non si rischierebbe il contagio più che fuori dal carcere, ma anche con lo svarione di aggiungere che la casa sarebbe soluzione ancora peggiore per la salute perché «a Garbagnate Milanese, cioè in piena “zona rossa”». Dato errato, visto che Garbagnate non è mai stata «zona rossa», nemmeno all’epoca in cui lo erano Codogno e altri undici comuni del Lodigiano, e adesso è «zona protetta» esattamente allo stesso modo di come lo é qualunque altro posto in tutta Italia.
L’uomo, 57 anni, calabrese, detenuto dal 2014 per una estorsione aggravata dal metodo mafioso costatagli in via definitiva la condanna a 8 anni e un mese, tra carcere già scontato e periodi standard di liberazione anticipata (45 giorni maturati ogni 6 mesi in cella), al fine pena gli restano 6 mesi, che il difensore Lorenzo Nicolò Meazza chiede possa scontare in detenzione domiciliare a casa della compagna a Garbagnate Milanese. Perché? Da un lato perché «a saturazione del servizio sanitario ordinario, causata dalla pandemia, determina una più difficile assistenza delle pregresse patologie», e dall’altro lato perché «l’ambiente carcerario non consente in alcun modo di rispettare le misure di sicurezza imposte dalle autorità per ridurre il rischio di contagio». Proprio a Voghera c’é peraltro stato un detenuto positivo, e l’Istituto Superiore di Sanità mostra come l’unico morto sotto i 40 anni di Covid 19 sia stato sinora proprio un grande obeso con diabete.
Ma la giudice di sorveglianza Ilaria Pia Maria Maupoil, premesso che i reati del detenuto sono fra quelli ostativi per legge ai normali benefici penitenziari, esclude poi anche il tema delle condizioni di salute perché già dalla Cassazione
nel 2019 ritenute «non incompatibili con il carcere». E ora il virus? «Il paventato contagio — argomenta la giudice — non costituisce elemento di incompatibilità con la detenzione carceraria, non essendovi indicazioni in merito a frequenza di contagi da Covid 19 maggiore in carcere rispetto all’ambiente esterno, tenuto altresì conto — ecco qui l’altra ragione sorprendente — che nel caso di specie il domicilio del condannato è situato in Garbagnate Milanese, ovvero in piena “zona rossa”».
Il precedente
Già un positivo in cella «ma la frequenza dei casi non è maggiore rispetto all’esterno»