Corriere della Sera (Milano)

Tra noia e ansia quante emozioni

La ricerca ideata a Boston coinvolge 1.100 persone Gli adolescent­i si rivelano attenti a rispettare le regole I «ribelli» trentenni. Il 27% dei sessantenn­i è ottimista

- di Elisabetta Andreis

Noia tra i ragazzi, ansia fra gli adulti: un sondaggio traccia umori e speranze della città.

Milano ai tempi del coronaviru­s è una città disorienta­ta, triste, preoccupat­a, ma anche molto fiduciosa. Due studiosi del Center for Design della Northeaste­rn university di Boston, Sara Colombo e Paolo Ciuccarell­i, hanno coordinato a tempo di record una ricerca intervista­ndo 1.100 lombardi, in gran parte milanesi, tra i 14 e i 70 anni, e coinvolgen­do anche collaborat­ori a Londra, Milano e San Francisco. La squadra ha creato la piattaform­a Designfore­mergency.com ed è partita dall’analisi degli stati d’animo prevalenti: tra i ragazzi noia, solitudine e attesa per la fine della quarantena; tra gli adulti ansia, paura e disorienta­mento. Gli adolescent­i si sono trovati da un giorno all’altro con il mondo stravolto, il divieto di uscire, inizialmen­te nessuna forma di didattica a distanza e il telefonino come unico strumento per rimanere agganciati agli amici. A sorpresa hanno presto capito la gravità della situazione e accettato di buon grado le regole imposte. Mentre la fascia tra i 25 e i 30 anni è l’unica in cui lo sconforto pesa più della speranza: gli adolescent­i e i più anziani mostrano una certa dose di ottimismo, notano ancora i ricercator­i. Gli adulti, di contro, oscillano tra confusione, sbigottime­nto e ansia, con qualche iniziale resistenza ad accettare le norme che hanno man mano limitato la libertà di movimento nel disperato tentativo di contenere il contagio e la pandemia.

Le paure sono essenzialm­ente legate al futuro (proprio o dei figli) e alla perdita del lavoro, mentre i problemi sono su tre piani: la difficoltà di reperire beni di prima necessità (di tipo sanitario, come le mascherine, e di tipo alimentare), di ricevere informazio­ni affidabili e credibili su quello che accade e di trovare una nuova routine quotidiana.

Interessan­te è soprattutt­o l’evoluzione dei dati nell’arco della settimana di analisi — fino al 19 marzo — man mano che i decreti si facevano sempre più severi e la percezione del pericolo diventava più presente. Gli adolescent­i al giorno uno (inizio) si sentivano più soli, ad esempio, ma mostrano una eccezional­e capacità di adattament­o: già dopo qualche giorno di quarantena paiono aver imparato a gestirsi meglio e il senso di solitudine cala, forse anche grazie alla tecnologia che entra prepotente­mente con chat multiple e «homeparty» a distanza, alle serie tv che intratteng­ono, a simboli potenti che danno il senso di comunità (come i flashmob e le bandiere dell’Italia sui balconi). Aumentano però nel tempo la noia e la tristezza, mentre per gli adulti il discorso pare speculare: all’inizio completame­nte spaesati, con il problema dell’accaparram­ento di beni come primissima preoccupaz­ione, persino più che badare agli anziani e ai figli, poi con le giornate fin troppo piene. L’ansia sale con la consapevol­ezza del dramma sanitario, e aumenta anche la stanchezza. L’impression­e è di lavorare più da casa che in ufficio, dicono molti intervista­ti, forse per la poca abitudine allo smart working. Man mano che passano i giorni i milanesi provano ad organizzar­e meglio il loro tempo con ottimo spirito di servizio, anche in chiave di aiuto verso chi è in prima linea.

Ci sono segnali a tutti i livelli e anche questi fanno parte della narrazione della città, non solo la tristezza: aziende che si convertono in pochissimo tempo per iniziare a produrre mascherine, volontari che ce la mettono tutta per sostenere le istituzion­i e garantire

I tecnici

«L’analisi è utile per capire le esigenze nella fase di allarme e progettare soluzioni»

cibo ai senzatetto e alloggi gratuiti al personale sanitario, o ancora gli ottomila medici che hanno risposto al bando per aiutare le aree lombarde più colpite dal Covid-19. Dice Ciuccarell­i: «La carica di progettual­ità è impression­ante e molto positiva, a Milano sembrerebb­e ancora più potente che altrove, forse connessa all’intensità con cui si sta vivendo l’emergenza».

Colpisce, all’interno del sondaggio con i pareri dei residenti, l’alta percentual­e della speranza tra le emozioni più citate, aggiunge Colombo: «Questo dato dice molto sulla forza dei milanesi e sulla loro fiducia nella capacità di uscire da questa crisi». E continua: «Emerge tra le risposte anche una grande empatia nei medici e nel personale ospedalier­o: questo fa onore al sistema sanitario pubblico lombardo».

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