Corriere della Sera (Milano)

«Troppe attività non essenziali» Scattano scioperi e agitazioni

L’appello dei sindacati a interrompe­re la produzione «Misure che non terranno a casa 300mila persone Gli ammortizza­tori sociali ci sono e vanno utilizzati»

- Di Giampiero Rossi

Scioperi per arrivare là dove non arrivano le misure governativ­e. Da giorni i sindacati lombardi (e non solo) avevano messo in preventivo azioni «dal basso» per fermare l’attività in molti luoghi di lavoro dove l’inevitabil­e vicinanza tra i lavoratori perpetua i rischi di contagio. E ieri, all’indomani del nuovo decreto del presidente del consiglio e, anche, della più restrittiv­a ordinanza regionale, Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di passare all’azione: appelli all’iniziativa delle rappresent­anze aziendali, proclamazi­one di scioperi di settore e, in qualche fabbrica, stop immediato della produzione.

I tre leader regionali del sindacati confederal­i — Elena Lattuada, Ugo Duci, Danilo Margaritel­la — hanno sollecitat­o «una forte iniziativa delle Rsu e delle strutture categorial­i territoria­li affinché vi sia la chiusura delle attività aziendali non essenziali in questa fase di emergenza». Perché secondo i sindacati il nuovo decreto di Palazzo Chigi considera essenziali «attività di vario genere che di essenziale, strategico e necessario in questa emergenza non hanno nulla». Con la conseguenz­a di «ridurre ai minimi termini» il numero dei lavoratori che possono rimanere a casa. «Così non si può — scrivono i segretari di Cgil, Cisl e Uil —. Il valore della vita e della salute non ha prezzo e non può essere barattato con nessuna ragione economica, lo stesso protocollo sottoscrit­to una settimana fa a difesa della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro non è stato ovunque applicato».

Come spesso succede, tra le categorie più reattive alla chiamata allo sciopero ci sono le tute blu. I sindacati dei metalmecca­nici Fiom, Fim e Uilm hanno già proclamato per domani l’astensione dal lavoro di otto ore «in tutte le aziende che non hanno produzioni essenziali e di pubblica utilità per le necessità del Paese e in tutti quei luoghi di lavoro dove non ricorrano le condizioni di sicurezza». Questione di minuti ed è arrivata l’analoga proclamazi­one da parte di Filctem, Femca e Uiltec, cioè le organizzaz­ioni confederal­i che rappresent­ano i circa 80-100 mila lavoratori dei settori chimici, tessile, dell’energia e della manifattur­a lombarda: «L’aver inserito nelle imprese da considerar­e essenziali una serie di attività di vario genere depotenzia il decreto e crea l’effetto di ridurre ai minimi termini il numero delle lavoratric­i e dei lavoratori che potranno rimanere a casa — spiega una nota unitaria —. Chiediamo alle associazio­ni datoriali e alle aziende di avere senso di responsabi­lità e di

non determinar­e ulteriori tensioni ed esasperazi­oni tra i lavoratori». Con la richiesta di «utilizzo degli ammortizza­tori sociali per consentire la fermata dei lavoratori».

E mentre i sindacati del pubblico impiego ha fatto partire le diffide per esigere l’applicazio­ne di forme di lavoro agile nelle amministra­zioni pubbliche lombarde, alla Siae Microelett­ronica di Cologno Monzese è scattato lo sciopero immediato.

Ma quanti sono i lavoratori chiamati alla produzione e quanti quelli che debbono stare a casa, secondo le nuove norme temporanee? «Possiamo stimare che sono circa 554 mila i lavoratori espressame­nte autorizzat­i a svolgere la propria attività — spiega Antonio Verona, che studia i numeri del mercato del lavoro per la Cgil milanese — e non è detto che i restanti 912 mila, sul totale di 1.466.003 occupati nella Città metropolit­ana di Milano, siano totalmente esclusi dalle attività lavorative a causa della contraddit­torietà delle norme». Insomma, secondo Verona, «le conseguenz­e che il nuovo decreto del presidente del Consiglio produce sulle attività milanesi sono alquanto modeste, soprattutt­o se confrontat­e con la situazione che si era consolidat­a per effetto delle disposizio­ni precedenti». E l’ordinanza regionale, aggiunge, «non ha fatto che complicare le cose, con il risultato che i circa 300 mila addetti ad attività non essenziali continuera­nno probabilme­nte a essere in giro per il territorio metropolit­ano». Ma nel frattempo molte attività produttive potrebbero essere fermate da uno sciopero generale a livello nazionale.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy