Errori istruttivi e mascherine
La riduzione dei presidi sanitari, il ruolo bistrattato dei medici di base: gli errori da cui ripartire.
Il sistema sanitario
Gli errori da cui imparare
Caro Schiavi, ho fatto un conto sui dati drammatici della Lombardia, fino alla giornata di martedì 24 marzo. Degenti 9.711 (1.194 in terapia intensiva) e positivi al domicilio 8.963 (su un totale di 30.703 casi accertati). In Veneto i degenti sono a quota 1.318 (304 in terapia intensiva) mentre i positivi a domicilio sono 3.729, su un totale di 5.948 casi. Il risultato è che in Lombardia i morti sono 4.178 e in Veneto 234.
Che cosa non ha funzionato qui? Evidentemente in Veneto c’è stata una miglior tenuta e capacità di controllo del territorio. Che è testimoniata anche dal numero dei controlli effettuati: 66.178 in Veneto, con una popolazione che è la metà della Lombardia, e «solo» 76.695 nella nostra regione. La media di letalità in Veneto (3,9) è in linea con gli indici cinesi e internazionali, quella lombarda no: è del 13,6.
Possiamo considerare la densità dei lombardi, la loro tendenza a muoversi dentro e fuori il territorio, l’età media della popolazione, la numerosità dei casi con pluripatologie… ma c’è anche da considerare le peculiarità del sistema lombardo che, da Formigoni in poi, ha assunto una connotazione tutta centrata sugli ospedali di eccellenza (pubblici o privati che siano) sguarnendo progressivamente il territorio sia dei «piccoli» ospedali che dei presidi territoriali necessari. Col risultato che il cittadino lombardo si è abituato, per problemi che eccedano la normalità, a intasare i pronto soccorso degli ospedali saltando a piè pari il medico di medicina generale. È troppo pensare che quando usciremo da questa terribile emergenza (e prima o poi ne usciremo) si possa ripensare anche al «modello lombardo», con più tutela del territorio, meno sacrificio del pubblico e dei piccoli ospedali, più attenzione all’associazionismo medico con immissione di forze giovani, e riscoperta del ruolo dell’infermiere di territorio?Pino
Landonio
Premesso che siamo davanti a uno tsunami mondiale e non si vedono sistemi in grado di reggere l’urto della pandemia, si possono elencare vent’anni di errori nelle politiche sanitarie, da non ripetere. Il primo è stato quello di parlare di ospedali come aziende. Il secondo, quello di trattare la sanità con logiche di mercato. Il terzo, quello di ridurre i medici di famiglia a burocrati. Il quarto, non rendersi conto che l’invecchiamento rendeva inadeguata la riforma sanitaria del ’78. Il quinto, distruggere la rete territoriale degli ospedali concentrando tutto nelle «eccellenze». Il sesto, tagliare i posti letto delle Medicine perché poco redditizi. Il settimo, ignorare che i malati non sono numeri o scarpe da contabilizzare in un budget. L’ottavo, utilizzare l’ospedale pubblico per piazzare fedeli di partito e lottizzati, a scapito del merito. Il nono usare la sanità come grimaldello di potere e affarismi inventando la competizione pubblico-privato. Il decimo: lavorare a compartimenti stagni, ignorando che la sanità è il perno di un sistema sociale dal quale non possono essere esclusi i Comuni.
Va ripensato molto in Lombardia, ma non solo: c’è una riforma sanitaria da aggiornare, ha detto Silvio Garattini. I medici, troppi caduti sul campo, avranno molto da dire: non basteranno le pacche sulle spalle. Adesso però bisogna remare tutti insieme, perché ci sono troppi morti da seppellire. E come nei saloon del West, non si spara sul pianista.
Uso delle mascherine
Meglio stare a casa
Si inaspriscono le pene, aumentano i divieti ma non è ancora obbligatorio l’uso della mascherina. Se sono anche i portatori sani a diffondere il virus, nel dubbio, tutti devola. no tenerla. Al di fuori della propria abitazione sempre e comunque. Soggetti istituzionali e politici diano l’esempio. La mascherina serve per proteggere gli altri. Riduce la diffusione del virus nell’ambiente. Portiamola. Prendiamo esempio dalla Cina.
Ezio Basilico
Certe misure andavano adottate prima, come i tamponi e mascherine: ormai i buoi sono scappati dalla stalStare in casa, stare in casa: c’è poco da fare. E lavarsi sempre le mani.
Ritardi nei cantieri
Questione di priorità
Uscire nelle ore serali per necessità incute timore. Pochissime persone per strada, come è giusto, ma atmosfera pesante. Eppure, una certa rassicurazione sarebbe stata data, per chi abita in zona Accursio, dalla presenza del Consolato Statunitense ma ancora evanescente. I lavori dovevano finire nel febbraio di un anno fa…
Carlo Radollovich
Quando esco e vedo le strade deserte vorrei applaudire i milanesi per civismo e senso di responsabilità. Mi spavento quando invece trovo gente che ignora i divieti. Dei ritardi nei lavori parliamone a emergenza finita.
Consegne postali
Troppi passaggi
Ci sono troppi passaggi di addetti delle Poste nel condominio in cui presto servizio come custode. Martedì in mattinata la visita di due portalettere: uno per 40 buste e uno per 3 raccomandate. Nel pomeriggio due, ognuno con un pacchettino. Non vanno evitati gli spostamenti inutili?
Alberto Volta
Uno legge e l’altro scrive, evidentemente.