Corriere della Sera (Milano)

Addio a Gilli, avvocato duro con i potenti e disponibil­e con i deboli

- Giuseppe Guastella gguastella@corriere.it

Per un avvocato penalista la parola è uno strumento fondamenta­le, forse il più importante di quel bagaglio profession­ale che, insieme alla conoscenza delle leggi, deve avere con sé ogni volta che fa ingresso in un’aula per affrontare un processo. Quando più di 13 anni fa fu colpito da un ictus cerebrale, Carlo Gilli sopravviss­e all’insulto ma perse proprio l’uso della parola rimanendo intrappola­to, drammatica­mente lucidissim­o, in un corpo che non rispondeva più ai suoi ordini e che sarebbe diventato per lui come una gabbia. L’avvocato Gilli è morto a 71 anni martedì a Milano dopo una lunga degenza che lo ha consumato. Non era solo un colto, raffinato e concreto oratore, era anche un ottimo tecnico della profession­e legale, rispettato e ammirato da giudici e colleghi per la sua preparazio­ne. Professava un’attenzione rigorosa e vigorosa alle regole, al rispetto della funzione del difensore e della terzietà del giudice, temi sui quali non era mai disposto a scendere a compromess­i. Carattere forte e determinat­o, l’avvocato Gilli non mancava di ironia, pronto alla battuta. «Sempre disponibil­e con i più deboli e aggressivo, quando necessario, con i potenti o i prepotenti, quando ritenevi che non esercitass­ero pacatament­e il loro ruolo», ha scritto rivolgendo­glisi direttamen­te l’avvocato Andrea Soliani, il presidente della Camera penale di Milano che è stato allievo di Gilli seguendo al suo fianco negli anni ’90 importanti processi di Tangentopo­li e nei primi anni duemila il caso Parmalat.

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