La valvola di ventilazione esce dalla stampante 3D «Così ci rendiamo utili»
La Shape Mode ha trovato il progetto libero sul web e ora rifornisce l’area Covid dell’ospedale di Legnano In campo tutto il circuito delle società tecnologiche
Erano più o meno le due di notte. Non riusciva a dormire. A casa, con la moglie incinta all’ottavo mese e le televisioni che a reti unificate raccontano l’evoluzione dell’epidemia. Salvatore Saldano ha 33 anni e con la sua start-up produce pezzi con le stampanti 3D. Cose soprattutto belle. «Creiamo oggetti ogni giorno. Possibile che gli ospedali in un momento come questo non abbiano bisogno di noi?», si è chiesto. «In Rete ho trovato una valvola per sistemi di ventilazione assistita sulla piattaforma di un ingegnere polacco, Filip Kober, che l’ha resa open source». È corso in laboratorio. Oggi il suo progetto è al servizio dell’ospedale di Legnano, che ha appena aperto 10 letti per pazienti contagiati.
Solo ieri l’hanno cercato dall’Auxologico di Milano e dall’ospedale di Monza.
Quella di Saldano e della sua Shape Mode, cresciuta in un distretto per l’innovazione in via Lambruschini, alla Bovisa, è una storia che dimostra una potenzialità sommersa. «A Milano le startup tecnologiche si stanno attivando per fare la loro parte nella lotta al coronavirus», spiega. Il suo team fa parte di un network più esteso. Si chiama FabLab, un circuito creativo legato alla tecnologia 3D con collettivi sparsi in ogni regione. Messi insieme sono una squadra di quasi 500 persone, età media 30 anni. Si sono suddivisi in team: c’è quello che si occupa delle mascherine, delle visiera in plastica, dei dispositivi di ventilazione. Lui fa parte della costola milanese: ogni idea se funziona viene condivisa. Qualche giorno fa, ad esempio, l’ospedale di Chiari nel bresciano, sotto pressione per la quantità crescente di pazienti Covid-19, aveva bisogno di respiratori. La rete di FabLab si è mossa. «L’hanno ricostruita in 3D. Sono gli stessi ragazzi del progetto della maschera da sub riconvertita. Nei momenti difficili la creatività può dare un grande aiuto», aggiunge Saldano, che ha un passato all’Accademia di Brera, ma le conoscenze tecniche se l’è fatte durante gli studi da geometra.
Quella della tecnologia è una stampella potenzialmente formidabile. Lo dimostrano le risposte che in tempi di emergenza sono arrivate in Corea del Sud. Ora si muove l’Inghilterra, ma anche l’Italia, i contatti con la protezione Civile sono avviati. In passato ci sono sempre state reticenze sulle cose non certificate. Ma in casi d’urgenza c’è quella che si chiama autorizzazione all’uso compassionevole dei dispositivi medici. «La componente che si è usurata che non trovi sul mercato la produci. Noi siamo designer, in questo caso ci interfacciamo con gli ospedali. Diamo il nostro contributo tecnico. Sono i dottori che ci dicono di cosa hanno bisogno. Siamo la prolunga delle loro necessità».
Sono giorni strani. Pensavano sarebbero rimasti fermi. E invece si ritrovano inseguiti dalle richieste di operatori sanitari e anestesisti. «Gli ospedali in questo momento faticano a comunicare con l’esterno. Stampando in 3D possiamo mettere delle pezze». Un esempio può essere quello delle mascherine. Di cui tutti hanno bisogno, ma non si trovano da nessuna parte perché la produzione è stata delocalizzata. «Siamo una rete di 500 hub. Facendo 100 pezzi a testa potremmo farne 50 mila in tempi brevissimi».