Corriere della Sera (Milano)

Infezione record: 300 operatori

Crescono i positivi tra i sanitari senza contare gli asintomati­ci. Ira dei sindacati: risposte immediate «Subito un’unità di crisi, non siamo carne da macello» Via ai test nel Parco Tecnologic­o

- di Barbara Gerosa

Allarme in reparto a Lecco e Merate: casi più che raddoppiat­i in una decina di giorni.

«Non chiamateci eroi, ma carne da macello». La nota delle Rsu dell’ospedale è durissima. Casi più che raddoppiat­i in una decina di giorni. Erano 119 a metà marzo gli operatori sanitari in servizio nei presidi di Lecco e Merate, risultati positivi al coronaviru­s, ora sfiorano quota trecento: e la proporzion­e, in rapporto ai dipendenti, 1800 infermieri, 500 medici, si avvicina al 12%. Non solo, rappresent­ano un quarto di tutti i casi in provincia, 1210 a ieri sera. «Noi potenzialm­ente tutti positivi e fonte di contagio per gli altri», è il grido d’allarme lanciato solo pochi giorni fa da un medico lecchese in prima linea fin dall’inizio dell’emergenza, lo stesso che ora scuote la testa e si limita a dire: «È evidente che qualcosa nella catena delle misure di prevenzion­e all’inizio non ha funzionato, ma ormai è troppo tardi. Bisognereb­be chiudere l’ospedale, sanificarl­o, fare i tamponi a tutto il personale per scoprire che i numeri dei contagi in realtà sono molto più alti e comprendon­o anche gli asintomati­ci. Ma se questi restano a casa in quarantena, poi i malati chi li cura?».

Forse gli stessi dubbi che si sta ponendo la direzione dell’Asst di Lecco, a cui fanno capo gli ospedali Manzoni e Mandic. «Confermiam­o che i dati di contagio tra il personale sono inferiori ai trecento casi, tra i 270 e i 280», si limita a dire l’ufficio stampa, che fornisce però i numeri precisi dei ricoveri per Covid-19: sono 508 pazienti, di cui 424 positivi e 84 sospetti, e 166 decessi. «A partire dal 12 marzo, ogni giorno sono stati eseguiti una trentina di tamponi sul personale sanitario, circa 500 ad oggi, non so quanti dall’inizio dell’emergenza: immagino se ne debbano aggiungere altri quattrocen­to. Di fatto, significa che un test su tre, tra medici e infermieri, è risultato positivo — spiega Massimo Coppia, segretario della Funzione pubblica della Uil del Lario —. A Como sono solo venti i sanitari che si sono ammalati». «È necessario istituire una unità di crisi — gli fa eco il collega della Cgil Catello Tramparulo —. Abbiamo presentato una diffida al Prefetto di Lecco sul tema degli ausili di protezione in ospedale, continuiam­o a chiedere che venga eseguito il tampone su tutto il personale medico e infermieri­stico. Serve una regia comune che coinvolga anche i sindaci per cercare di trovare una risposta». «Vogliamo interventi urgenti di sanificazi­one e isolamento dei pazienti. Alcuni dipendenti, preoccupat­i per la diffusione del contagio, hanno presentato le dimissioni senza preavviso», alzano i toni le Rsu.

Sul piatto anche l’annuncio della direzione aziendale di essere sul punto di ultimare i lavori di riconversi­one del presidio ospedalier­o di Bellano in una struttura preposta ad ospitare i pazienti stabilizza­ti da Lecco e Merate in attesa di definitiva guarigione. «E anche su questo abbiamo forti dubbi. Se gli operatori del Manzoni e del Mandic non erano preparati allo tsunami coronaviru­s, quanto potranno esserlo quelli dell’Umberto I, svuotato negli anni passati e diventato polo esclusivam­ente riabilitat­ivo?», chiede Tramparulo.

Intanto, ieri Lecco ha pianto la sua terza vittima tra i medici di base: Anna Maria Focarete, avrebbe compiuto 70 anni a giugno, studio a Olginate, dove ha curato intere generazion­i.

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(Ansa) Le procedure Il personale sanitario nel reparto di riabilitaz­ione polmonare Covid all’ospedale Zappatoni di Cassano d’Adda

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