Inchiesta sul Don Gnocchi Auxologico, stop alle terapie «Troppi pazienti positivi»
Allarme del personale. L’istituto: rispettate le norme
«Cosa fate ancora qui? Andate via». Ore 9, giovedì 26 marzo, dall’inizio dell’epidemia è passato più di un mese, migliaia di morti, decine di migliaia di contagiati: ma fino a quel giorno gli ambulatori dell’«Unità operativa di medicina riabilitativa» dell’«Istituto Auxologico», un’eccellenza della sanità privata in Lombardia, sono rimasti aperti. Solo giovedì alle 9 del mattino viene comunicato al personale: «Interrompiamo tutto, ci sono troppi pazienti positivi». In questi giorni il Corriere ha raccontato decine di storie di ospedali, residenze per anziani e cliniche private in cui il coronavirus è dilagato, strutture da «blindare» (soprattutto quelle che ospitano anziani) e dove invece è stato per settimane evitato o vietato l’uso almeno delle mascherine. I racconti di alcuni medici e terapisti dell’«Auxologico» replicano esattamente quelli di altre strutture: «Il problema è stato a lungo negato o sottovalutato, l’uso delle protezioni è stato scoraggiato in forma esplicita». Così un altro dei reparti più rinomati della sanità milanese s’è trasformato in un focolaio di Covid-19.
La situazione aggiornata è questa: nella Residenza per anziani dell’«Auxologico», tre piani per 150 ospiti in via Mosè Bianchi, un intero piano è stato dedicato a pazienti «positivi». Anche in medicina riabilitativa ci sono una trentina di pazienti ricoverati. Alla fine sono stati fatti i tamponi: i «positivi» sarebbero più 15.
Incrociando i racconti di almeno quattro tra medici e terapisti si può ricostruire questa cronologia: una settimana dopo l’inizio dell’epidemia ancora non vengono distribuite le mascherine, il personale le chiede (arriveranno nei giorni successivi, centellinate e con raccomandazione di serbarle), la risposta è un’indicazione inapplicabile, «mantenete le distanze». Per fisioterapisti, logopedisti e neuropsicologi è impossibile, ogni seduta si svolge a stretto contatto col paziente. In più, fino a lunedì 23 marzo i servizi della «MAC» (macroarea ambulatoriale complessa) di via Mosè Bianchi vanno avanti pur con alcune limitazioni: riabilitazione per pazienti cronici (ictus, malattie neurologiche) che ovviamente vengono accompagnati dai parenti. Il quadro dunque è stato questo: «Nel pieno dell’epidemia, abbiamo continuato a la
vorare con protezioni spesso non adeguate in un ambiente di “promiscuità” totale, nel quale tra ambulatori e sale d’attesa si affollavano e incrociavano centinaia di persone interne ed esterne». Tra terapisti e infermieri, «più di 10 sono a casa con i sintomi del coronavirus».
Rispetto alla situazione, l’Istituto spiega: «Auxologico ha seguito le indicazioni regionali riducendo progressivamente la propria attività ambulatoriale, chiudendo la sede di via Ariosto, quella di via Procaccini, parzialmente quella di via Pier Lombardo e limitando nelle altre sedi l’attività ai casi prioritari. Anche il poliambulatorio dell’Ospedale San Luca, oggi in prima linea contro il Coronavirus con posti letto intensivi e sub intensivi, è stato completamente chiuso. Auxologico si è attenuto, per quanto riguarda le modalità lavorative ed i mezzi di protezione del proprio personale, alle disposizioni emanate dalla Regione e dal ministero».
Su un caso denunciato dal
Corriere, il dilagare del coronavirus tra pazienti e personale del «Don Gnocchi», la Procura ha aperto un fascicolo «per diffusione colposa di epidemia e reati in materia di sicurezza del lavoro», dopo un esposto presentato da 18 lavoratori. I vertici della struttura (che replica: «Nessuna negligenza») sono indagati. Una seconda denuncia è arrivata dalla figlia di un’anziana ospite, deceduta e positiva al Covid-19.