Carcere, partita l’epidemia Lo spettro di nuove rivolte
Spazi sovraffollati: 8.500 persone in 6.200 posti teorici In un solo giorno 40 infetti tra detenuti e personale Report sull’aumento vertiginoso nei poli lombardi
Icontagiati da coronavirus nelle 18 carceri della Lombardia salgono vertiginosamente. In un solo giorno 16 detenuti e 24 operatori sono risultati infetti. Sommati ai casi precedenti e successivi, si rischia di raggiungere livelli drammatici. La «fotografia» è stata scattata il 24 marzo su tutta la regione. Il timore ora, è anche che possano scoppiare proteste come quelle di inizio marzo.
Salgono vertiginosamente i contagiati da coronavirus nelle 18 carceri della Lombardia. In un solo giorno 16 detenuti e 24 operatori sono risultati infetti. Sommati ai casi precedenti e successivi, si rischia di raggiungere livelli drammatici di cui al momento non si sanno le dimensioni.
La «fotografia» scattata il 24 marzo su tutta la Regione da un «report» del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria conta, solo per quel giorno, 12 nuovi contagiati sotto osservazione all’interno delle carceri (uno ciascuno a Bollate e San Vittore, 5 ciascuno a Pavia e Voghera) a quali si aggiungono altri 4 ricoverati in ospedale. Numeri che si coniugano con difficoltà con quanto dichiarato 24 ore dopo dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede secondo il quale che in tutta Italia «risultano 15 detenuti contagiati».
Dati che risultano ancora più preoccupanti perché fino ad allora su una popolazione carceraria che in Lombardia è di circa 8.500 persone (al 31 gennaio) erano stati fatti appena 147 tamponi. Niente, soprattutto se si considera l’indice di affollamento delle carceri lombarde (6.200 posti teorici, ai quali vanno sottratti quelli indisponibili dopo le rivolte de 8-9 marzo) che impedisce il distanziamento per prevenire i contagi e rende difficile isolare in quarantena i detenuti sintomatici, per fortuna quel giorno solo 5, o che sono asintomatici (92), ma hanno avuto contatti con positivi.
Il virus non fa distinzioni e colpisce anche il personale che lavora dentro le mura. Tra agenti della polizia penitenziaria, amministrativi e operatori si sommano 24 contagiati ai quali vanno aggiunte 61 persone che sono state lasciate precauzionalmente a casa perché presentano sintomi e 64 che hanno avuto contatti con contagiati. Una situazione che preoccupa gli operatori lombardi alla quale si è arrivati nonostante le misure di contenimento volute dal governo, quelle che innescarono una serie di rivolte che si propagarono in molte carceri italiane e durante le quali morirono 14 detenuti che avevano assunto dosi letali di farmaci e di metadone che avevano prelevato negli ambulatori devastati. Nel distretto del Tribunale di sorveglianza di Milano, che copre metà del territorio regionale, l’altra metà è di competenza della Sorveglianza di Brescia, quelle misure erano state addirittura varate un paio di settimane prima. Il timore è che, se i contagi dovessero aumentare a dismisura, come la «fotografia» del 24 marzo lascia immaginare, potrebbero riprendere le proteste che rischierebbero di essere incontrollabili, non come le ultime alle quali ha partecipato solo una minoranza dei reclusi.
Ogni giorno, negli istituti penitenziari lombardi entrano e transitano centinaia di persone. Si va dagli imputati per i quali la condanna diventa definitiva ai detenuti che vengono «sfollati» da un carcere all’altro, ad esempio per ristrutturate i reparti devastati, per finire agli arrestati che ogni giorno finiscono nelle carceri circondariali. Tutti, come gli operatori, vengono sopposti a triage e bloccati se hanno sintomi, che però possono emergere anche dopo giorni.