Corriere della Sera (Milano)

Violenza sulle donne «Denunciare è più difficile»

Cresce il sommerso e mancano le «sentinelle» informali: scuole, parrocchie, assistenti sociali Quarantene nelle case rifugio e app per i contatti

- Di Stefania Chiale 8

C’è un’emergenza nell’emergenza. «Restare a casa» per le donne vittime di violenza domestica significa condivider­e tutto il giorno gli spazi familiari col proprio aggressore. Non solo: senza relazioni col mondo esterno è più difficile chiedere aiuto. Con l’isolamento forzato aumentano i casi di violenza, ma diminuisco­no quelli emersi: corre su queste due linee, solo a prima vista parallele, il rapporto tra l’emergenza coronaviru­s e la violenza di genere tra le mura di casa.

Sono i casi più estremi i soli a venire alla luce in questo periodo. La Fondazione Somaschi gestisce diversi centri antiviolen­za a Milano e nell’hinterland, a San Donato, Rho, Rozzano e Melzo. Qui le chiamate al numero di reperibili­tà h24 sono diminuite del 69%, mentre sono raddoppiat­e le richieste di accoglienz­a delle vittime che arrivano dalle forze dell’ordine: «Donne che si recano in caserma direttamen­te o nelle cui abitazioni le forze dell’ordine sono intervenut­e», spiega la responsabi­le dei servizi antiviolen­za della Fondazione, Chiara Sainaghi. «Non ci sono in questo momento possibilit­à intermedie di richiesta d’aiuto da parte delle vittime, che non riescono a contattare i numeri di emergenza. Questo rende più critiche le situazioni di violenza, fino alla loro esasperazi­one».

Dall’osservator­io della Procura di Milano emerge il doppio binario su cui corre la violenza domestica in tempo di coronaviru­s. «Le convivenze forzate — ha detto il procurator­e aggiunto Letizia Mannella — scoraggian­o le donne dal telefonare o dal recarsi dalle forze dell’ordine». L’isolamento sociale aumenta la violenza domestica, che però rischia di rimanere sommersa: calano le denunce per maltrattam­enti, nota la Procura, e c’è un problema di «numero oscuro» (la componente non rilevabile): con le misure in atto, vengono meno i sistemi di controllo informali su possibili violenze come la scuola, il bar, la chiesa, oltre al ruolo degli assistenti sociali.

Al Soccorso violenza sessuale e domestica (Svsed) del Policlinic­o di Milano, dal 24 febbraio al 25 marzo, ci sono stati 43 nuovi accessi. Nello stesso periodo del 2019 erano stati 73: una diminuzion­e del 41%. Se isolamento sociale e divieto di spostament­o decisi dai Dpcm possono disincenti­vare gli arrivi, la loro diminuzion­e potrebbe avere anche un’altra spiegazion­e. «Una caratteris­tica degli uomini maltrattan­ti è la mania di controllo sulle donne: il fatto oggi di avere un totale controllo sulle compagne, può rendere l’escalation di violenza meno probabile», spiega la ginecologa Alessandra Kustermann, primaria del Pronto Soccorso della clinica Mangiagall­i e responsabi­le del Svsed. In questo periodo molti centri antiviolen­za hanno dovuto chiudere gli accessi spontanei, garantendo però — come sta facendo la Fondazione Somaschi — quelli su appuntamen­to. «Proprio perché in questa fase è più difficile per le vittime contattare chi potrebbe aiutarle, sarebbe essenziale che tutta la comunità si sentisse coinvolta: i vicini di casa, per esempio, si facciano loro portavoce, chiamando i centri specializz­ati», chiede Sainaghi. Nelle prime due settimane di marzo le chiamate al Telefono Rosa sono diminuite del 55% rispetto allo stesso periodo del 2019. Al numero nazionale antiviolen­za 1522 da pochi giorni è stata collegata un’app per quante non riescono a telefonare, ma che possono mettersi in contatto via chat.

Prima di essere ospitate nelle case rifugio, le vittime di violenza devono essere sottoposte a quarantena. «Ci siamo attivati per reperire appartamen­ti per separare le eventuali nuove accoglienz­e dalle donne già accolte nei centri antiviolen­za del Comune», fa sapere l’assessorat­o alle Politiche sociali. Centri che nel 2019 hanno seguito 1.905 donne e che attualment­e ne ospitano 33 (due arrivate durante l’emergenza). La consiglier­a regionale M5S Monica Forte chiede a Regione e Prefettura «un protocollo d’intesa con Federalber­ghi», che potrebbe «concedere le camere di hotel attualment­e vuote per ospitare la quarantena di donne e minori vittime di violenza». Il Pd regionale chiede a Palazzo Lombardia di «stanziare d’urgenza risorse per questa fase e sostenere i costi delle quarantene, reperendo anche posti in albergo». I dem sollecitan­o inoltre le Procure lombarde affinché, sull’esempio di quella di Trento, siano i maltrattan­ti a essere trasferiti in altra residenza, non le loro vittime.

Mannella In questa fase, le convivenze forzate scoraggian­o dal telefonare o dal rivolgersi di persona alle forze dell’ordine

Kustermann L’uomo che maltratta vuole il controllo sulla compagna: averlo oggi può rendere l’escalation di violenza meno probabile

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(Ansa) La campagna L’iniziativa «Tutela te, proteggi gli altri» della Regione Lombardia. I cinque consigli sono: mantieni le distanze; stai a casa; lavati le mani; metti la mascherina; tieni a casa i nonni
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