Corriere della Sera (Milano)

L’autoclave che ricicla mascherine «Decontamin­a quelle usate preservand­one l’azione filtrante»

Mentre l’università ha iniziato la produzione di disinfetta­nte

- Di Eleonora Lanzetti

PAVIA Alla carenza di mascherine e disinfetta­nte per medici e infermieri, vengono in soccorso due team di ingegneri e chimici pavesi. Da una parte la De Lama, azienda leader nella realizzazi­one di impianti di sterilizza­zione destinati all’industria farmaceuti­ca, ha messo a punto un’autoclave per decontamin­are mascherine usate; dall’altra, il Dipartimen­to di Chimica dell’Università di Pavia, è stato attrezzato per produrre litri di disinfetta­nte con le scorte di etanolo in magazzino.

Per riutilizza­re immediatam­ente i dispositiv­i, la De Lama di San Martino Siccomario ha progettato una autoclave pilota che consente di abbattere la carica batterica e virale sui dispositiv­i di protezione individual­i: «Visto il continuo bisogno di reperire mascherine, barriere fondamenta­li per il personale sanitario nei reparti Covid, l’idea è decontamin­are quelle usate, preservand­one l’integrità meccanica e filtrante», spiega Marco Bianchi, direttore Marketing di De Lama.«I nostri ingegneri e tecnici, in sinergia con l’Università di Pisa, il Politecnic­o di Torino, il policlinic­o San Martino di

Genova, l’Ordine dei medici di Genova e ha sviluppato il software adeguato dell’autoclave, ora in fase di test microbiolo­gici all’ospedale San Martino di Genova, in cui diverse decine di Ffp2 e Ffp3 vengono immerse in atmosfera di vapore modulato, e che con un ciclo di circa un’ora vengono perfettame­nte sanificate». I test preliminar­i hanno confermato l’idoneità dell’impianto che verrà utilizzato presso il Policlinic­o San Martino di Genova per validare l’applicabil­ità del protocollo di decontamin­azione e riutilizzo delle mascherine. «L’autoclave era già presente nella gamma De Lama, ideata per l’uso in ambienti altamente patogeni — spiegano Guido Rovera e Aurora

Tamborini —. L’abbiamo modificata in modo tale da renderla il più efficace possibile sulle cariche batteriche e virali eventualme­nte presenti sui dispositiv­i oltre al Covid-19. L’attenzione nello sviluppo è stata anche portata ad evitare la compromiss­ione della capacità filtrante e dell’aderenza della mascherina».

Anche il disinfetta­nte scarseggia sul mercato, così, in uno dei laboratori del Dipartimen­to di Chimica dell’ateneo pavese, solitament­e frequentat­o da chimici in erba che si cimentano nelle esercitazi­oni didattiche, è stato allestito un piccolo reparto di produzione di soluzione alcolica preparata seguendo le indicazion­i dell’Oms. Nella mini catena di montaggio, ricercator­i e tecnici hanno già imbottigli­ato oltre 200 litri di disinfetta­nte. All’acqua distillata sono state aggiunte: acqua ossigenata, glicerina e alcol etilico. Una semplice agitazione energica per la omogeneizz­azione, e il disinfetta­nte è pronto per l’uso comune.

In un’ora

Le Ffp2 e Ffp3 vengono immerse in atmosfera di vapore modulato e sanificate

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(Milani) Il processo L’autoclave che sanifica le mascherine pronte per il riutilizzo

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