Modelli sanitari e impresa Fiera L’opera simbolo diventa un test
Il rianimatore Stocchetti alla guida del padiglione: specializzandi e neolaureati con lo staff del Policlinico
L’ inaugurazione dell’ospedale di emergenza in Fiera — realizzato in soli dieci giorni in aperta polemica con il governo e la Protezione civile — è un’«impresa» a cui il centrodestra lombardo ha attribuito un grande significato simbolico. Ma ora, viste anche le scelte diverse di altre Regioni (dall’Emilia al Veneto), il modello lombardo del far da sé è alla prova del nove.
L’analisi di Bertolini, esperto del Mario Negri. Le curve di crescita dei nuovi casi sono scese dal 30 al 3% Gallera fiducioso: dai numeri segnali di speranza. Ma è polemica con il governo: non allentiamo i divieti Il Pirellone lancia l’app per tracciare la mappa del rischio-infezioni: dati anonimi, garantita la privacy
«L’ospedale nella (ex) Fiera è il simbolo della reazione di Milano». Il rianimatore Nino Stocchetti, 65 anni, guiderà per il Policlinico il padiglione inaugurato ieri in via Corleone: «Tra domenica e lunedì arriverà il primo paziente. I letti pronti sono 53. Verosimilmente partiremo con 7 malati: la struttura è a moduli. Poi amplieremo via via. Possiamo arrivare a 205 posti».
I dati di ieri di Regione Lombardia, per fortuna, dicono: nessun nuovo paziente in Rianimazione. Milano aveva bisogno di una nuova Terapia intensiva?
«Noi siamo pronti al peggio. La speranza è che l’opera diventi inutile. La vera, grande festa sarà quando chiuderemo».
Cosa intende dire con «Siamo pronti al peggio»?
«Gli operai stanno ancora lavorando come se avessimo bisogno di centinaia di posti letto. Speriamo non siano necessari. Tutto dipende da quanto i cittadini saranno capaci di restare a casa».
Qual è il compito che le è affidato?
«L’ospedale nella (ex) Fiera oggi è a tutti gli effetti un nuovo padiglione del Policlinico, dove io lavoro dal 1996. Il mio compito è guidare la squadra di medici e infermieri che stiamo arruolando».
In quanti saranno?
«Il reclutamento del personale sanitario è, forse, l’aspetto più complesso del progetto: serve almeno un medico ogni tre pazienti (lo standard è di uno ogni due). Per trovarli stiamo lavorando giorno e notte: ci saranno volontari da altre regioni, specializzandi degli ultimi due anni, forse anche studenti vicini alla laurea di Medicina. I meno esperti saranno affiancati dai più vecchi».
E gli infermieri?
«Vale lo stesso. Ci saranno i giovani appena laureati insieme, per esempio, al mio staff del Policlinico».
Perché il progetto è stato affidato a lei?
«La mia vita è stata dedicata ai pazienti in Terapia intensiva, soprattutto quelli con gravi problemi cerebrali. Mi hanno proposto questa nuova sfida e non potevo rifiutare». Cosa le fa più paura del maledetto Covid-19?
«Chi è intubato e viene mantenuto in anestesia generale, con una sedazione profonda, non soffre. Ma ho la consapevolezza, che ho scontato anche sulla mia pelle, del dramma dei familiari. Questo virus impedisce ogni tipo di comunicazione fisica, dove anche uno sguardo può fare la differenza: quella tra il malato e i familiari e anche quella tra i medici e i parenti».
È un dramma nel dramma. C’è una soluzione?
«Il mio sogno è di creare un appuntamento fisso con i familiari dei pazienti per informarli delle condizioni dei propri cari, come mi ha insegnato la mia collega del Policlinico Stefania Crotti. Stiamo facendo anche i conti di quanto tempo potremmo dedicare a ciascuno, dieci minuti. Penso sia necessario poi mettere in contatto i parenti, a loro volta in quarantena, con degli psicologi».
Paure. Sogni. Il senso di responsabilità ha un peso?
«Io dal 21 febbraio a oggi mi sono occupato dei malati da terapia intensiva, ma senza il Covid-19. Poi, Antonio Pesanti, il coordinatore delle Rianimazioni della Lombardia dalla cabina di regia della Regione, nonché primario del Policlinico, mi chiede se sono disponibile. Impossibile rifiutare».
Cosa la colpisce di più del progetto Fiera?
«Chi mi conosce sa che sono iper-critico. Ma adesso mi sembra di essere salito su un’astronave. Proiettata nel futuro. Dove sconfiggeremo il Covid-19».