Corriere della Sera (Milano)

Noi veterani tornati in campo

L’impegno nei paesi dell’associazio­ne carabinier­i Ambulanze e team di Protezione civile: 400 in campo «Con noi anche mogli e figli: così facciamo squadra»

- di Andrea Galli

Anche l’Associazio­ne nazionale dei carabinier­i scende in campo: 400 veterani con mogli e figli.

Il fuggiasco e altre storie. I 400 dell’Anc, l’associazio­ne nazionale carabinier­i che ogni giorno in Lombardia formano in media il totale degli operativi della prima linea, ne vivono di ogni, spesso in gran silenzio mediatico, e nel recentissi­mo passato hanno vissuto anche questa vicenda. In virtù della loro unità cinofila, una delle migliori in circolazio­ne a detta degli esperti del settore (i cani sono per lo più Labrador), la scorsa settimana li hanno chiamati per ritrovare un cinquanten­ne ricoverato in un ospedale milanese, positivo al coronaviru­s, e scappato. È una guardia forestale, se ne stava trincerato in una baita di montagna, abbandonat­a e perduta fra i boschi che forse lui soltanto conosceva.

L’aneddotica dell’associazio­ne, che in regione conta 330 sezioni, e relativa alla reazione alla pandemia, è ampia e variegata. Si comincia con la ventina di ambulanze gestite direttamen­te e impegnate, con proprio personale, sul fronte del primo soccorso; si passa ai nuclei di Protezione civile attivi, per esempio, negli ospedali da campo; e si prosegue nei piccoli paesi con una missione che potrebbe apparire di lieve conto e invece non lo è, anzi in certi contesti risulta determinan­te: far la spesa per chi non può uscire di casa, procurare medicine, mascherine e guanti, e consegnare a domicilio il tutto. Dai vertici dell’Anc, secondo una consolidat­a filosofia di base, invitano a non menzionare le singole individual­ità, in un archivio che conta pure «reduci» degli anni di piombo e di scontri con la mala del Brenta, poiché lo schema, la filosofia, il modo di operare di queste persone – carabinier­i in congedo, certamente, ma che si portano dietro moltissimi familiari – è basato sul far squadra.

Anche qui ci sono state perdite, come il brigadiere Cesare Miniaci, 65 anni, a capo della sede di Grumello del Monte, in provincia di Bergamo, ucciso dal coronaviru­s dopo giorni di volontaria­to, che l’avevano visto non arretrare neanche dopo i primi segnali della malattia. Un testimone, ripetono i conoscenti e i vecchi colleghi, premettend­o di voler stare lontani dalla retorica del dopo, che «ha rappresent­ato al meglio le nostre linee guida, ovvero la massima vicinanza possibile alla comunità». Negli anni, da «semplice» organismo di volontaria­to, l’associazio­ne si è via via strutturat­a, arrivando a godere, in determinat­i campi, di una sua autonomia operativa: è lesta a intervenir­e su terremoti, frane, inondazion­i. Una presenza capillare, bisogna ripeterlo, nelle realtà minori, dove la generosità è vitale per sopperire a un’inevitabil­e minor presenza di personale, mezzi, strutture. Anche viaggiando sulle proprie macchine, senza badare a spese, e tirando fuori di tasca dei soldi quando non bastano per completare la lista della spesa di anziani e malati. Succede spesso, in provincia, e in fondo è giusto così.

Nelle case

Tra le principali missioni la consegna a domicilio di medicinali e mascherine

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Uno dei molti volontari che girano nei piccoli paesi invitando a rimanere in casa
Appelli Uno dei molti volontari che girano nei piccoli paesi invitando a rimanere in casa

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