Rapina farmacia Poi si pente
Niguarda, presi 300 euro. Il giovane si è consegnato usando l’app YouPol
Il mistero di un ragazzo di 18 anni che abita nel quartiere di San Vittore. Ha rapinato una farmacia e dieci giorni dopo ha chiamato la polizia per denunciarsi: arrestato.
Piuttosto che sgorgare spontanea dall’intimo dell’animo, la conversione è stata indotta dall’esterno, forse da quello che gli ha procurato la pistola e non voleva esser tirato dentro; ciò premesso, conversione rimane, ed è quella di un 18enne che vive nel centro del quartiere Niguarda e che sempre qui, alle 20, quand’era il 21 marzo, pistola in mano ha scarrellato, minacciato di far fuoco e costretto un farmacista a dargli i trecento euro in cassa. Poi era sparito.
Senonché, alle 23.30 di lunedì ha inviato un messaggio a «YouPol», l’applicazione della polizia per consentire le segnalazioni dei cittadini. Lui ha segnalato d’aver commesso il colpo, d’essersi pentito e di volersi costituire. Poco dopo, una pattuglia del commissariato Greco-Turro, diretto da Angelo De Simone, è andato a prenderlo. Il ragazzo aspettava ai piedi del caseggiato dove vive insieme ai genitori, di nazionalità egiziana e da tempo in Italia. Non ha opposto reazione, ha confermato la constatazione dello sbaglio, e ha seguito il classico iter: incartamenti e prigione. Per completezza, ecco il testo del messaggio alla questura: «Ho una fatto una rapina alla farmacia, resterò nel cortile fino alle 2 di notte». Ha messo un confine temporale perché aveva sonno e non voleva attendere all’infinito.
La farmacia è quella di via Palanzone numero 33. Il 18enne indossava un giaccone e scarpe da tennis. Erano come detto le 20. Il farmacista aveva la saracinesca già mezza abbassata e stava chiudendo; era fuori orario come lo sono molti colleghi di questi tempi, per garantire un servizio il più ampio possibile a chi ha bisogno di medicine. Il ragazzo ha ripetuto che era una questione urgente, il farmacista ha pensato alla buonafede del soggetto, ha gentilmente alzato la saracinesca e l’ha invito tato a entrare; una volta all’interno, il pistolero ha estratto l’arma, che teneva tra cintura e pancia, gliel’ha puntata alla testa e ha ordinato: «Muoviti, dammi tutti i soldi». Secondo la vittima, il bandito era assai agitato; tremava, gli ballavano la mano e la voce. Agli agenti, aveva descritto il seguente profilo: non di più di vent’anni, alto sul metro e ottanta, corporatura esile, occhi scuri, senza baffi e barba, evidente inflessione milanese nella parlata, un berretto ampio di lana in testa, pantaloni di colore nero come la pistola, che il farmacista, dotato di spirito d’osservazione e di memoria, ha classificato come semiautomatica.
Di quest’arma, non c’è più traccia. Nell’interrogatorio, il 18enne ha affermato e ripetudi non sapere che fine abbia fatto. Probabile l’abbia riconsegnata al proprietario. In considerazione dell’ambiente sociale e delinquenziale che circonda il suo palazzo, e in aggiunta tenendo presente che la sua famiglia fa fatica e che lui stesso si è portato dietro dall’infanzia qualche problema tra scuola e comportamenti, secondo ipotesi investigative resta alto il rischio che stesse per finire, o fosse già finito, nelle mani di uno dei balordi del posto. Che adocchiano ragazzini in difficoltà, li allevano all’arte della strada, li mettono alla prova coi primi colpi. Non c’è morale, in questa storia, specie perché quella benedetta pistola svanita resta un bel mistero: chissà se è stata utilizzata in precedenza, ed eventualmente per cosa, chissà insomma se «scotta», e infine chissà se, nelle prossime ore, quando incontrerà l’avvocato di fiducia, il ragazzo confesserà anche il resto della verità.