«Noi, precari o licenziati rimasti in trappola»
Dai neoassunti ai precari agli addetti «a chiamata»: 45 mila persone invocano ammortizzatori sociali «Dal Sud a Milano per un posto, ora sono in trappola»
Chi si era appena trasferito a Milano per trovare il primo impiego, che ora è più lontano che mai. Chi stava lavorando ma adesso, di colpo, scopre di non avere diritto alla cassa integrazione. Chi il posto l’ha perso del tutto a causa dell’emergenza. Dal 16 marzo al centralino e all’indirizzo email della Camera del lavoro sono arrivate oltre 20 mila richieste di aiuto. Un «muro del pianto» per molti che oggi si sentono (e sono) in trappola.
C’è chi si era dimesso a fine febbraio per iniziare un nuovo lavoro, una nuova vita in marzo. C’è chi si era trasferito a Milano da poco, per seguire il percorso che avrebbe dovuto condurre al primo stipendio. C’è chi stava lavorando e ora, di colpo, scopre di non avere diritto alla cassa integrazione, mentre la busta paga è già stata inghiottita dalla nuova crisi. Intrappolati, prigionieri di un cerchio magico di fatalità e cavilli, ostaggi di emergenza e burocrazia. E non si tratta di poche sfortunate vittime di un improbabile allineamento dei pianeti, bensì di una comunità invisibile e polverizzata. Sono migliaia, ma ognuno è da solo, rinchiuso tra le sue quattro mura in un vano della metropoli desertificata. Dal 16 marzo a oggi al centralino e all’indirizzo email della Camera del lavoro sono arrivate oltre 20 mila richieste di aiuto. Molte nell’ambito ordinario — per quanto si possa cogliere di non straordinario in questa situazione — della richieste di consulenza per districarsi nel labirinto di norme e decreti. Ma molte altre che raccontano situazioni che mettono a disagio persino gli operatori sindacali abituati a gestire casi delicati e vite in bilico. E in diversi casi, non si tratta di vere richieste di aiuto, ma di semplici occasioni di sfogo, di Sos, della ricerca discreta di un muro del pianto, di messaggi nella bottiglia, da affidare a qualcuno che — almeno — possa offrire un momento di ascolto.
«Dal bonus bebè alla certificazione del reddito Isee, dalla gestione delle ferie al contributo per la spesa, dalle pensioni alla cassa integrazione: chiamano e scrivono per chiedere chiarimenti sulla rete di strumenti di sostegno — spiega Tatiana Bargiggia, coordinatrice dei servizi della Cgil milanese, che dal 16 marzo raccoglie e smista le richieste di aiuto — e in molti casi sono spaventati perché non si ritrovano nei parametri indicati dal decreto governativo». Tra loro c’è, per esempio, il giovane lavoratore che si è dimesso da metalmeccanico a fine febbraio e al 2 marzo si è reimpiegato come edile, ma l’azienda gli ha spiegato che lui non rientra tra i beneficiari di ammortizzatore sociale. «E purtroppo ha ragione, perché il decreto, al momento, dice che ne ha diritto soltanto chi era già dipendente prima del 23 febbraio — spiega la rappresentante della Camera del lavoro —. Era molto arrabbiato, direi più che altro disperato, perché per ora non abbiamo novità in merito ad altri fondi. Al telefono ripeteva che lui che ha pagato regolarmente i contributi da due anni e che dimettendosi ha fatto qualcosa di buono, ha cercato di crescere e ora si vede privato di un sostegno». Secondo Antonio Verona, che per la Cgil studia i numeri del mercato del lavoro, «a Milano sono 5 mila i lavoratori intrappolati in mezzo al guado, assunti tra il 24 febbraio e il 17 marzo e senza diritto ad ammortizzatori». Non solo: «C’è chi non potrà prendere la Naspi e chi sta per finire la disoccupazione e non può essere assunto. Senza contare i lavori intermittenti, a chiamata: ristorazione, bar... Sono oltre 40 mila, tutti esclusi dagli ammortizzatori».
E poi c’è chi si trova intrappolato da un doppio, triplo cerchio di avversità: il virus ha fatto saltare l’occasione di lavoro, ha fatto scattare la prigionia lontano da casa, con l’aggravio di spese e solitudine. «Mi ha colpito molto il caso di una ragazza pugliese», racconta Tatiana Bargiggia. Arrivata a Milano da pochi mesi, per seguire il corso di formazione che avrebbe dovuto condurla a un primo contratto di lavoro con un’agenzia interinale. Poi scoppiano l’emergenza e le misure restrittive, negozi chiusi e tutti rinchiusi. «E lei ha scritto per raccontare la sua situazione assurda: da settimane è da sola, in una stanza per la quale deve pagare un affitto, lontana da tutto e da tutti, senza alcun diritto. Persino a noi non chiedeva niente. Non si aspettava risposte, voleva soltanto sfogarsi, cercava almeno qualcuno che la ascoltasse».