Volpi, il medico del calcio: «L’emergenza è sottovalutata»
Guarito il prof dell’Inter: «Fuori la pandemia è sottovalutata»
Il «medico del calcio», Piero Volpi, chirurgo ortopedico all’Humanitas, è stato contagiato, ricoverato e ora è in isolamento: «Sono stato fortunato. Questa emergenza è ancora sottovalutata». La ripresa del campionato? «Decideranno gli scienziati».
La testimonianza di un medico in quarantena all’albergo Cavalieri per il tempo della convalescenza «Dobbiamo aspettare una decina di secondi per ritirare il vassoio con il cibo che ci viene consegnato E gli unici rumori che si sentono provenire dal corridoio sono quelli delle altre porte che sbattono»
Il dottor Piero Volpi è un’istituzione non solo per i tifosi interisti, ma per tutti gli appassionati di calcio. Uno di quei rarissimi casi di giocatore-medico. La sua bella carriera Volpi l’ha fatta prima sui campi, arrivando anche in serie A da difensore centrale (anzi libero) del Como nella stagione 1980-81, poi ha messo a frutto la laurea in medicina conseguita all’Università di Perugia, a soli 27 anni, quando giocava ancora con la Ternana. Nell’immaginario Volpi è il Medico del calcio, titolo diventato tempo fa un vero e proprio manuale, scritto in collaborazione con grandi esperti di medicina sportiva. È stato il dottore della prima Inter di Massimo Moratti, il medico di Ronaldo e da anni gestisce magistralmente lo staff sanitario dell’Inter. A 67 anni è il chirurgo ortopedico Responsabile del reparto del ginocchio e traumatologia dello Sport all’Istituto Clinico Humanitas. Proprio all’Humanitas è stato ricoverato dopo aver contratto il Covid-19.
Dottore adesso sta bene, è fuori pericolo?
«Una ventina di giorni fa ho avuto un po’ di febbre e tosse. Sono andato avanti così finché venerdì 27 marzo ho visto che facevo fatica, anche a mangiare, mi sono fatto visitare all’Humanitas e mi hanno ricoverato. C’era un inizio di polmonite e sono rimasto lì dieci giorni. Ora sto meglio, sono a casa, in isolamento e ci resterò per 14 giorni, poi farò un doppio tampone per capire se sono guarito».
Come pensa di aver contratto il coronavirus?
«Probabilmente in ospedale, visitando. Medici e infermieri sono una categoria molto esposta. La mia fortuna è aver capito subito e essere stato ricoverato in fretta. Molti si trascinano avanti poi arrivano in condizioni difficili».
Dottore, dice di aver capito subito. Che sintomi ha avuto?
«La sensazione è di essere lucidissimo con la testa, ma di avere un corpo che non ti segue, non risponde più. Febbre, tosse, mancanza di appetito, questo è stato il punto di passaggio e poi il controllo». In ospedale com’è andata? «Mi hanno messo subito in terapia medica, non ero ventilato, ho usato solo l’ossigeno.
In tre-quattro giorni, con antivirali e antibiotici, la ripresa è stata abbastanza rapida».
Com’è stato l’isolamento, ha pensato di non farcela?
«Ero relegato in una stanza, isolato. Entravano persone tutte bardate, non riuscivo a riconoscerle. Hai solo il telefonino che ti consente di comunicare con l’esterno, non hai nient’altro. Il mio pensiero va a tanti colleghi che non ce l’hanno fatta e hanno contratto il virus visitando i malati, queste persone meritano ogni attenzione possibile».
Cosa le ha fatto capire questa tremenda esperienza?
«La realtà vissuta all’interno di un ospedale ti fa comprendere come questa emergenza sia ancora poco percepita all’esterno. La distanza tra la realtà degli ospedali e quanto si percepisce stando fuori è enorme. Forse questa emergenza è ancora sottovalutata. La situazione va presa con molta serietà, come le regole ci impongono».
Come se ne può uscire? «Vale per tutte le attività commerciali industriali e anche per lo sport e il calcio. Il via deve essere dato dalle autorità scientifiche competenti: virologi, epidemiologi».
Però tutti i giorni escono date di possibile ripresa del campionato.
«Leggo le ipotesi, ma solo loro, gli scienziati, possono dire quanto il contagio si sta spegnendo e i rischi sono bassi o addirittura zero. A oggi non c’è un’agenda, la detterà purtroppo la pandemia».
Nel caso si possa tornare ad allenarsi, le squadre sono attrezzate per fare i controlli?
«Il 1° tempo lo detteranno gli scienziati. Nel 2° tempo, ma è un passaggio successivo e ci tengo a non fare date, entrano in gioco le squadre che dovranno avere dei protocolli sostenibili per poter riprendere in sicurezza. Qui non bisogna avere nessuna fretta: c’è in ballo la vita delle persone».
Lei quando pensa di poter tornare al lavoro?
«Spero a fine mese, al massimo ai primi di maggio, di tornare al mio posto».
Le due realtà
Ho contratto il virus durante le visite: siamo una categoria esposta, sono stato fortunato