«È il tempo dell’accoglienza non dei giudizi»
Sumaya: sequestrata da criminali, merita rispetto
«Doveva essere il giorno dell’accoglienza e della compassione. È diventato il giorno del giudizio». Sumaya parla della conversione di Silvia Romano «rapita da una banda di criminali» e delle minacce.
«Doveva essere il giorno dell’accoglienza e della compassione. È diventato il giorno del giudizio». Sumaya Abdel Qader dovrebbe essere abituata agli attacchi. La consigliera comunale con il velo è stata spesso presa di mira per la sua fede e il suo abbigliamento. Minacce e insulti l’accompagnano da anni ma la violenza degli attacchi riservati a Silvia Romano l’ha lasciata attonita. Perché?
«Perché le persone non si sono fermate a guardare i suoi occhi e il suo sorriso, ma il suo abbigliamento».
Il velo, la tunica verde. I simboli dell’Islam.
«Il suo abito ha spiazzato, anche me. Però mi chiedo: se Silvia fosse arrivata senza la copertura in testa ci sarebbe stata la stessa reazione? Non credo. Se i suoi rapitori fossero stati degli induisti e lei si fosse convertita all’induismo la reazione sarebbe stata identica? Nell’immaginario il velo è diventato un simbolo negativo potentissimo. Racchiude le immagini delle donne lapidate, delle ragazze rapite da Boko Haram, del burka in Afghanistan, realtà che esistono ma non rappresentano i musulmani onesti. Questi sono criminali. E non rimanda invece a immagini di libertà e di emancipazione come quella della schermitrice Ibtihaj Muhammad, medaglia di bronzo alle Olimpiadi. Vedere Silvia vestita così ha scatenato le polemiche e anche chi non voleva offenderla si è chiesto cosa le è successo, cosa le hanno fatto».
Che valore può avere la conversione nella situazione di Silvia?
«È una domanda legittima che mi pongo anch’io, come sono legittimi i dubbi. La conversione è stata frutto del ricatto? Certo non è facile credere che uno si converta alla religione del proprio aguzzino. Però non sappiamo se la conversione sia avvenuta indipendentemente dai criminali che l’hanno rapita. Spero che sia andata così».
Difficile pensare che le due cose siano indipendenti.
«Le conversioni avvengono in modi diversi e sono il frutto di percorsi travagliati. Si abbandona qualcosa di certo per qualcosa di completamente nuovo. A volte diventano un approdo sicuro a livello spirituale che ti trasporta in una dimensione di pace. Non è così strano che avvengano in situazioni di difficoltà o dove ci siano restrizioni della libertà. Ci sono persone che si sono convertite in prigione, in guerra. Penso a Malcolm X . Ma poco cambia».
Perché?
«Perché nessuno di noi sa cosa è successo nel cuore di Silvia. Sarà lei, se vorrà, a raccontarcelo.
Quindi vorrei che si fermassero qui tutti coloro che l’hanno attaccata con violenza. Sicuramente ci sono stati degli errori nella gestione del ritorno a casa. Era il caso di esporla così tanto? Non era meglio portarla in sicurezza e discretamente dai suoi? Ma ingenuamente pensavo che questa fosse la volta buona, che avremmo fatto tutti un passo avanti...».
Invece?
«Invece siamo tornati indietro perché se è vero che non sappiamo cosa è successo nel cuore di Silvia, sappiamo che è stata rapita da una frangia estremista salafita e il primo sentimento non può essere quello dell’odio o della polemica, ma deve essere quello della compassione e delle comprensione. La sua storia di rapita e sequestrata da una banda di criminali non ha suscitato neanche un attimo di pena e di dolore, così il fatto che sia stata privata della libertà e dell’affetto dei suoi cari. La storia di Silvia è emblematica di come siamo incapaci di avere empatia per persone che fanno scelte diverse dalle nostre».
La conversione Sarà lei, se vorrà, a dirci cosa è successo. Errori nella gestione del suo ritorno: è stata esposta