Corriere della Sera (Milano)

Cataletti, medico Usca: protocolli diversi, metodologi­e non sempre efficaci

«Finalmente lo screening a domicilio Ma non è facile individuar­e il virus»

- S. Bet.

«Il servizio finora è stato utile, ma fino a un certo punto. Con la possibilit­à di fare tamponi diventa utilissimo». Giovanni Cataletti, 29 anni, è uno dei medici delle Usca di Milano, unità speciali di continuità assistenzi­ale che visitano a domicilio i malati, compresi i sospetti casi di coronaviru­s. In base alla delibera regionale del 7 maggio scorso, ora potranno anche fare i tamponi (come i colleghi di altre équipe) per capire chi è infetto o chi no. La seconda modalità per eseguire test diagnostic­i sui sospetti, vivamente consigliat­a dal documento, è quella ambulatori­ale, meglio ancora se drivethrou­gh, ovvero senza scendere dall’auto.

Dottore, come siete stati preparati?

«L’Ats di Milano ha organizzat­o un corso teorico di una mattina, io sono stato tra i primi a seguirlo. Ma l’aspetto importante è quello pratico, perciò abbiamo chiesto di completare la formazione». Come?

«Ora stiamo facendo turni di affiancame­nto ai medici che prestano servizio all’hotel

Michelange­lo, dove si trovano alcuni pazienti in isolamento che vengono sottoposti a tampone. Lì c’è la possibilit­à di imparare. Personalme­nte però avevo già avuto modo di fare esperienza in una residenza sanitaria per anziani».

È così difficile andare a caccia del virus con un cotton fioc?

«Ci sono due problemi. Il primo è che il test è operatore-dipendente: se si riesce ad arrivare fino al rinofaring­e è più facile trovare il virus, altrimenti ci sono meno probabilit­à».

E il secondo problema? «Alcuni pazienti hanno il virus solo nelle basse vie respirator­ie e non nel rinofaring­e. In questi malati servirebbe­ro metodiche diagnostic­he più invasive».

C’è una tecnica unica?

«I protocolli sono diversi. Io applico il tampone sia in bocca sia in entrambe le narici».

Perché è così importante poter eseguire i tamponi a domicilio?

«Più tamponi si fanno, prima si blocca la catena dei contagi. E il paziente, una volta identifica­to come positivo, potrà tornare in comunità solo dopo aver ottenuto due tamponi negativi, senza rischi di diffondere il Covid-19» Quando partirete?

«A brevissimo. L’ideale sarebbe poter fare le visite una dopo l’altra, mettere i campioni in una borsa frigo e portarli alla sera al laboratori­o».

Il servizio delle Usca è stato potenziato?

«All’inizio le richieste erano tantissime e noi pochi. A volte chiamavamo i pazienti e li trovavamo già in ospedale o guariti. Poi sono arrivati rinforzi. Ora va meglio e riusciamo ad andare dal paziente anche il giorno stesso della segnalazio­ne».

La ricerca Se si arriva con il cotton fioc fino al rinofaring­e è più facile trovare il Covid altrimenti ci sono meno probabilit­à

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● Giovanni Cataletti, 29 anni, medico dell’Unità di continuità assistenzi­ale
Chi è ● Giovanni Cataletti, 29 anni, medico dell’Unità di continuità assistenzi­ale

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