Coda per i test E i medici: sui referti tempi troppo lunghi
Code agli ambulatori privati dopo la liberalizzazione Dubbi sull’attendibilità e critiche alla Regione «Tempi ingiustificabili per le quarantene fiduciarie»
Corsa ai test sierologici nei laboratori privati: ieri debutto da Multimedica, con 427 persone in coda per il prelievo. Si comincia oggi da Santagostino, con oltre 1500 prenotazioni: picco tra i 30 e 40 anni. I medici di base invece lamentano ritardi della macchina pubblica dei sierologici alle persone in quarantena: «Tempi lunghi anche per il referto». Continua il calo dei ricoveri: intensive per la prima volta sotto quota 300.
Si fanno una domanda, ma si danno già anche una risposta. La prima cosa che colpisce nella coda di persone che hanno deciso ieri di correre a fare il test sierologico nel giorno 1 dell’apertura ai privati è la preparazione. Sembrano tutti virologi. Un livello di preparazione altissimo, frutto dei mesi passati chiusi in casa a leggere e ascoltare tutto di questa epidemia che ci ha rovesciato la vita. «Una giornata pazzesca», la definiscono due infermiere di Multimedica, finito il turno al punto prelievi. Pazzesca perché la gente metteva lì il braccio una dietro l’altra: 427 nei quattro centri, i due di Milano, Limbiate e Castellanza. Si comincia oggi invece al centro medico Santagostino, dove ieri, primo giorno di prenotazioni, sono arrivate oltre 1.500 richieste. Presto per fare un identikit del popolo dei sierologici, ma intanto si può dire che il picco di richieste è arrivato nella fascia 30-40 anni. Il 54 per cento sono donne. Non volendo creare assembramenti, gli appuntamenti vengono molto sgranati, ovviamente non tutti nello stesso orario.
Dopo la liberalizzazione dei test arrivata martedì con la delibera regionale, si è scatenata la corsa ai centri privati, con il rischio, che resta consistente, di garantire la qualità dell’esame, dato che più il mercato si allarga, più subentrano test poco attendibili che magari offrono tempistiche più rapide e costi più contenuti. Ma mentre si corre (in certi casi pure troppo) sul privato, continua con qualche intoppo lo screening sierologico della Regione alle persone in quarantena fiduciaria. Ci sono i medici di base che lamentano tempi lunghi e soprattutto attese ingiustificabili dopo il test ad ottenere il referto. Né la telefonata al paziente, ne l’invio (previsto) al dottore di riferimento. Con il risultato che si rischia di vanificare gli sforzi di isolamento della quarantena, se la gente a un certo punto «si arrende» ed esce. Così capita che in alcuni casi sia lo stesso medico a suggerire al paziente di fare l’esame privatamente pur di rispettare le tempistiche dell’isolamento. Ed evitando che molti, pur di non ricadere nel limbo di una quarantena a tempo indeterminato, decidano di rinunciare al test, che resta su base volontaria. «I tempi si allungano solo nel caso che siano davvero passate due-tre settimane dalla completa fine dei sintomi — spiega l’assessore al Welfare Giulio Gallera —. Molte Ats stanno smaltendo senza problemi gli esami, altre, soprattutto a Milano città, hanno qualche piccolo ritardo in più. I soggetti che risultano positivi all’esame quantitativo vengono chiamati per fare il tampone tra i 2 e i 7 giorni», dice Gallera. Che oggi dovrebbe ufficializzare qualche numero in più, ma sono già circa 12 mila i lombardi in quarantena fiduciaria sottoposti a sierologico, oltre a quasi 70 mila sanitari. Partita in ritardo, rispetto ad altre regioni modello in tema di diagnosi, la questione degli esami anticorpali in Lombardia non sembra avere pace. Il problema sullo sfondo resta sempre lo stesso: la carenza di reagenti per fare i tamponi. Problema che potrebbe limitare anche il ritmo del settore privato, nel momento in cui nella delibera regionale viene specificato che sarà a carico del privato anche la logistica del tampone, che in altre regioni resta sempre in mani pubbliche. Così si potrebbe aprire la ricerca di alternative per lo screening del Covid. Al centro medico Santagostino stanno per esempio ragionando sull’ipotesi di considerare altri strumenti diagnostici come un’ecografia polmonare, dato che le tracce di questo coronavirus sono abbastanza riconoscibili. In questo caso la capacità produttiva degli esami avrebbe una disponibilità ulteriore, evitando anche il problema dei falsi positivi che escono dai tamponi. Resta fondamentale in questa alba di Fase 2 allargare il più possibile il monitoraggio del territorio. Un altro elemento in questo senso arriva da un’indagine svolta dall’università Statale su 14 mila persone, tra studenti e personale dell’ateneo. Il risultato stima un 10 per cento di soggetti testati da quiz sui sintomi avuti.
I dati del bollettino di ieri restano in linea con i giorni scorsi con un’eccezione negativa che riguarda il numero di morti che torna a salire a quota 111. In compenso tre buone notizie: il numero delle terapie intensive scende per la prima volta sotto il muro dei trecento, arrivando a quota 297 (meno 10), i ricoveri in ospedali vanno sotto i cinquemila a 4.818 (meno 189) e gli attualmente positivi, contando anche le persone in quarantena domiciliare, scendono sotto i 30 mila. Si registrano 522 nuovi contagi a fronte di oltre 14 mila tamponi: la percentuale resta quella di un positivo ogni 30 test svolti.