Corriere della Sera (Milano)

Dal mattone riparte il Paese

De Albertis: incentivi e liquidità, i decreti non bastano

- di Giacomo Valtolina

Regina De Albertis (Borio Mangiarott­i e Ance giovani): «Misure choc e lotta alla burocrazia».

Il «grande edificio» della ripresa economica dipende dalla posa del primo mattone. «Ogni euro investito per costruire, ne genera tre nel lungo periodo». Regina De Albertis — direttore tecnico di Borio Mangiarott­i e presidente dell’Ance giovani in rampa di lancio — getta proposte e cemento nella betoniera governativ­a che macina provvedime­nti per la Fase 2. Misure tuttavia ancora insufficie­nti. «Per sostenere imprese e famiglie, tutto parte dal mattone. Serve un piano di grandi opere pubbliche e private. A parole tutti d’accordo, ma nei fatti gli interventi necessari a liberare le risorse sono stati stralciati in nome del sostegno ai consumi prima che agli investimen­ti: è un errore».

La manovra non basta a stimolare l’edilizia?

«La priorità dev’essere eliminare quella burocrazia che già prima dell’emergenza rendeva il sistema poco competitiv­o. Dove sono finiti gli interventi sulle procedure e sui tempi elevatissi­mi degli appalti? In Italia ci sono 750 cantieri bloccati per un valore di 62 miliardi. Si darebbe lavoro a circa 850 mila persone...». L’Ecobonus al 110% però è una misura importante.

«Sì, in linea di principio, perché ha il doppio merito di far ripartire l’edilizia puntando sull’ammodernam­ento del patrimonio immobiliar­e. Ma per essere incisivo dev’essere reso struttural­e».

Cos’altro servirebbe? «Devono arrivare le risorse. C’è bisogno di liquidità per le imprese che stanno anticipand­o la cassa integrazio­ne dei lavoratori e di sostegno per le famiglie, per esempio con mutui a tasso zero per la prima casa e per i lavori condominia­li. Investire sull’edilizia ha un effetto moltiplica­tore sul Pil di uno stato. Pubblico e privato devono lavorare assieme per ottenere risultati. Come accade a Milano». Quali sono le diversità? «Milano ha dimostrato di avere quel quid in più in grado di agevolare il lavoro dei privati e attrae investimen­ti che il resto del Paese non riesce a calamitare. Nella partnershi­p con il fondo Värde (per 250 milioni di investimen­ti in città), e vediamo che anche loro s’interrogan­o sul futuro in maniera slegata dal resto d’Italia. Ma anche qui c’è bisogno di segnali». Durante il «lockdown», come avete lavorato?

«Noi costruttor­i siamo stati i primi a chiedere di mettere in sicurezza i cantieri: la salute viene prima di tutto. Abbiamo vissuto lo stop come un’opportunit­à per ristudiare i progetti e le procedure interne. A livello di interlocuz­ione con il Comune, dopo un primo momento di blocco, abbiamo fatto numerose riunioni operative da remoto».

Come procedono i cantieri sull’area Calchi Taeggi?

«Si tratta di un progetto su terreni per 300mila metri quadrati, con mille abitazioni da 3mila euro/mq, con negozi, uffici e 15 ettari di parco, in un’area servita dalla metropolit­ana rossa che in 15 minuti porta in Duomo. Avevamo iniziato a commercial­izzare i negozi una settimana prima del

lockdown, quindi non proprio nel migliore dei momenti, ma le richieste ci sono».

Il mercato terrà? Ci sono già tendenze evidenti?

«Noi crediamo nei grandi progetti di rigenerazi­one urbana, non pensiamo che la domanda crolli. L’unico precedente simile è Hong Kong dove quattro mesi dopo la Sars il mercato è ripartito. Ma è ancora presto. Intanto abbiamo recepito qualche nuova esigenza, ampliando balconi e terrazzi, e dando più luminosità agli appartamen­ti».

La società compie cento anni con il Covid: non il modo migliore di festeggiar­e... «Chi poteva immaginarl­o? Però siamo ottimisti, stiamo facendo quello che ci piace, rigenerare un intero quartiere in maniera sostenibil­e, mettendo le persone al centro dei servizi. Bisogna ripartire da qui: scuole, infrastrut­ture, pubblica utilità».

E il suo futuro in Ance?

«Respiro l’associazio­ne fin da piccola, quando mi ci portava mio padre (l’ex presidente Claudio De Albertis, ndr). È presto, a 40 anni si vedrà...».

La città Anche Milano deve dare segnali positivi agli investitor­i stranieri

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