In principio fu Arlecchino Camilla Semino, giovane talento della scena
«Il servitore di due padroni» by Strehler folgorò da bambina Camilla Semino Favro «Oggi sogno un film horror o un musical»
«Sono nata a Torre del Greco (Na) casualmente perché la mia famiglia, genovese, ha vissuto lì alcuni anni per ragioni di lavoro. A Genova sono ritornata a 3 anni». Poi, dopo il liceo classico, Camilla Semino Favro entra nel 2006 alla Scuola del Piccolo Teatro, si diploma nel 2008, a 22 anni, e inizia subito a lavorare, come attrice di teatro e successivamente anche per il cinema (Vicari, Moretti, Comencini e D’Agostini i registi che l’anno diretta) e per la tv (la serie Rai «I fuoriclasse» con Luciana Littizzetto e Neri Marcorè, il film «Altri tempi», la serie Sky «1993», tra le esperienze più significative).
Ma quando inizia la sua passione per il teatro?
«A 11 anni, frequentando la scuola di La Quinta Pratilecchino
a Genova, a cui era anche legata una compagnia filodrammatica di musical in cui ho cominciato a muovere i primi passi a 18 anni. Poi sono approdata a Milano, alla Scuola del Piccolo…».
Cosa succede dopo il diploma alla Scuola del Piccolo?
«Le prime esperienze professionali furono, nel 2009, “Arlecchino servitore di due padroni” al Piccolo e “Ave Maria per una gattamorta” di Mimmo Sorrentino al Crt. Quell’anno vinsi anche il Premio Hystrio, dove fui notata da Elio De Capitani e Ferdinando Bruni, che mi scritturarono per “Shopping and
Fucking”, primo di una serie di spettacoli fatti poi con il Teatro dell’Elfo. Nel frattempo, però, avevo anche avuto modo di lavorare con Serena Sinigaglia, Gabriele Lavia, Federico Tiezzi, Lluis Pasqual, Gabriele Russo e Giorgio Sangati. Fino a “When the rain stops falling” con la regia di Lisa Ferlazzo Natoli, che sarebbe dovuto andare in scena al Parenti, poi annullato per l’emergenza coronavirus».
I suoi punti di riferimento? «Ronconi per l’analisi del testo e la scelta di un punto di vista differente rispetto al primo che ti viene in mente. Sinigaglia per la praticità delle azioni. Lavia mi ha insegnato l’Abc del grande teatro classico, Bruni e De Capitani lo stare sul palco e anche la libertà dell’interpretazione, Tiezzi il rigore e l’approfondimento culturale. Ma importanti sono stati anche alcuni laboratori: con Thomas Ostermeier alla Biennale di Venezia, con Valerio Binasco, con Maria Consagra sul metodo Laban, e con Tomi Janezic, regista sloveno che fa un lavoro molto interessante sullo psicodramma applicato al teatro. E, naturalmente, andare molto a teatro come spettatrice».
Quali spettacoli hanno segnato di più la sua formazione?
«L’“Arlecchino” di Strehler, che vidi da bambina e che mi lasciò una grande passione per la Commedia dell’Arte, e “Quel che sapeva Maisie” di Ronconi con Mariangela Melato. Vedere un uomo anziano come Soleri interpretare Arcabile
e la Melato nel ruolo di una bambina mi diede una grande sensazione di libertà». Altre passioni?
«Il mondo del circo, in tutte le sue declinazioni. I film horror, cucinare risotti e leggere romanzi, da Dostoevskij a Stephen King».
Un sogno nel cassetto? «Vorrei fare un film horror oppure un grande musical. Mi piacerebbe lavorare di più con registe donne e con Tomi Janezic. E, quando avrò l’età giusta, interpretare il ruolo della moglie di Willy Loman in “Morte di un commesso viaggiatore”».