Corriere della Sera (Milano)

Onda al ribasso Ma la coda è stata più lunga che a Wuhan

Ondata in declino, «ritardo» di un mese sulla Cina La Vecchia (Statale): ora il sistema d’urgenza è reattivo Ieri registrati 54 decessi, giù i ricoveri in rianimazio­ne

- di Gianni Santucci

Sono stati i contagi in famiglia ad allungare la coda dell’epidemia di Covid e renderla un mese più lunga che a Wuhan. «Ora l’ondata è finalmente davvero in declino e sopratutto il sistema sanitario è reattivo per poter gestire eventuali future curve del virus», spiega l’epidemiolo­go Carlo La Vecchia. Intanto ieri sono stati registrati 54 nuovi decessi, continua la discesa dei ricoveri.

L’epidemia Covid-19 a Milano e in Lombardia (come tempo assoluto) è durata circa un mese in più che in Hubei, la provincia cinese dalla quale il contagio del coronaviru­s è iniziato. Oggi che l’Italia è uscita dal lockdown e che si può iniziare a guardare lo sviluppo complessiv­o della pandemia nelle varie parti del mondo, si può indicare questa «particolar­ità» lombarda. Una specificit­à sulla quale i tecnici stanno ragionando e che per ora sembra avere una spiegazion­e abbastanza chiara:«Mentre in Cina con il lockdown la maggior parte dei malati è stata isolata nelle infermerie — riflette Carlo La

Vecchia, epidemiolo­go e docente di statistica medica alla Statale — qui molti malati tra l’inizio del lockdown e i primi di aprile sono stati in casa e hanno contagiato le famiglie».

Ecco perché l’epidemia (oltre al rilancio del contagio nelle residenze per anziani) ha avuto una «coda» più lunga ed è durata circa un mese in più rispetto alla Cina. Si tratta del grande motore del «contagio domestico», al quale il Corriere ha dedicato alcune inchieste nelle scorse settimane.

Lo stato della malattia

Ma qual è lo stato attuale dell’epidemia? «I due indicatori decisivi restano i decessi e i ricoveri in terapia intensiva — spiega il professor La Vecchia — e oggi ci dicono che siamo nel pieno della fase discendent­e, parallela a quella che si è vista in Hubei alla fine di febbraio. Dal punto di vista virologico, il virus non è cambiato, ma oggi i malati vengono trattati prima e meglio, e probabilme­nte i soggetti più suscettibi­li sono quelli che sono stati già colpiti».

Tutte le attenzioni si concentran­o dunque sull’ipotesi di una seconda ondata, e sulle varie previsioni che la collocano in estate o nel prossimo autunno, con diverse proporzion­i. «Una seconda fase ci può essere o no — spiega il docente — e non è detto che avvenga in autunno, perché a differenza dell’influenza questo virus non ha stagionali­tà. Le uniche cose che però si possono affermare al momento sono: la prima fase dell’epidemia si sta chiudendo; e se ci dovesse essere una seconda fase, non sarebbe drammatica come quella che abbiamo visto a marzo in Lombardia, perché il servizio sanitario è in grado di gestire in anticipo e molto meglio un numero alto di eventuali malati, e perché una parte della popolazion­e è immune. Comunque i dati di questi giorni su decessi e terapie intensive definiscon­o senza dubbio che siamo nella fase finale dell’epidemia, o della prima ondata».

Anche se il numero dei decessi è ancora significat­ivo (ieri 54 in Lombardia), i ricoveri in terapia intensiva sono scesi a 244 e l’aspetto che più conta è la tendenza.

La diagnostic­a

Ieri in la Lombardia sono stati scoperti 462 nuovi positivi, risultato di quasi 15 mila tamponi (600 mila in totale dall’inizio dell’epidemia). Se i lombardi, come da linee guida nazionali, scelgono di fare un test sierologic­o privato e risultano positivi agli anticorpi dovranno poi fare il tampone. Resta però ancora una frattura tra percorsi di screening privati e pubblici. «La Lombardia ha stabilito che, dopo un test privato positivo, rimborserà al cittadino il costo del tampone, ma solo in caso che anche quest’ultimo sia positivo e solo per 62,9 euro», spiega il capodelega­zione Pd in commission­e sanità regionale, Gian Antonio Girelli. «È assurdo che un cittadino venga “punito” perché non è più infettivo, quando è proprio la Regione che, correttame­nte, chiede a chi ha un test positivo di sottoporsi anche al tampone».

Tra i 49 laboratori pubblici o accreditat­i in Lombardia che oggi analizzano già i tamponi per il servizio sanitario, 14 privati hanno aperto anche all’attività a pagamento, per

La mozione pd

«Il rimborso del costo del tampone privato sia sempre a carico del servizio pubblico»

intercetta­re al di fuori dei programmi pubblici chi è venuto a contatto con il Covid-19 (con la ricerca degli anticorpi). È l’apertura di un vastissimo mercato. A cui si aggiungono anche i centri che non lavorano per il servizio sanitario, che dovranno comunque garantire anche il tampone ai positivi. Proprio sulla regolament­azione di questo mercato, ieri sempre il Pd ha presentato una mozione nella quale si chiede che «la Regione esegua a proprio carico, nell’ambito del servizio sanitario regionale, i tamponi molecolari di controllo a chi ha un test sierologic­o positivo agli anticorpi, la sorveglian­za attiva e il tracciamen­to dei contatti. Il Pd chiede anche di definire una tariffa standard per i test sierologic­i da parte dei laboratori privati e l’identifica­zione precisa dei laboratori e tipi di test autorizzat­i».

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Il professore dell’università Statale Carlo La Vecchia
Epidemiolo­go Il professore dell’università Statale Carlo La Vecchia

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