La protesta dei nidi privati «Nessuno ci ascolta»
Il rischio chiusura
Decine di bambole, ciucci e coccarde di carta. «Lasceremo davanti alla sede della Regione i simboli dell’infanzia. Li abbandoneremo come ci sentiamo abbandonati noi». Domani pomeriggio scendono in piazza i gestori dei nidi privati e convenzionati, dopo i gestori di bar e ristoranti. Il loro flash mob rispetterà le norme di sicurezza ma sarà arrabbiato «perché nessuno ci ascolta», spiega Cinzia D’Alessandro, responsabile del comitato Educhiamo che si coordina anche a livello nazionale: «C’è un piano per la riapertura di tutto – oratori, centri estivi, fattorie didattiche - ma non si pensa che ci sono strutture già pronte, le scuole. In particolare ai 250 nidi milanesi viene negata la proroga della cassa integrazione: la copertura è fino a metà giugno. E poi? – chiede Gli educatori non vedono uno stipendio da marzo, noi accumuliamo debiti e al momento nemmeno possiamo portare i libri in tribunale. Non riapriremo più e si creerà un vuoto per migliaia di famiglie, considerato che garantiamo il 70% dei posti». La protesta del comitato si unisce a quella di Assonidi, l’associazione di categoria di Confcommercio guidata da Federica Ortalli, e oggi alle 13 in piazza della Scala ci sarà anche il flash mob #iostoconiprecaridellascu ola, per rimarcare la necessità di sciogliere entro l’estate il nodo dei precari esclusi dalle graduatorie. Per i nidi la situazione è grave, dice ancora Roberta Borrelli, titolare del Fantabosco in zona Mecenate: «Centinaia di persone rischiano il posto». Solo se verrà prolungata la cassa integrazione lei riaprirà, «a settembre, se potrò contare su un numero di bambini quasi a regime, per arrivare almeno al pareggio». Molte famiglie non hanno pagato le rette, «non spingeteci ad andare contro di loro», scuote la testa Anna Cassamagnaghi del nido La casa del tempo felice, a Città Studi. Ha dodici dipendenti e quattro collaboratori per 66 iscritti: «Stando chiusa e non contando gli stipendi ho da pagare ogni mese 17 mila euro di costi fissi, a settembre avrò accumulato 120 mila euro di debiti — afferma —. Se nulla cambia appena potrò licenziare chiuderò».