Mobilitazione (per turni) in 100 scuole: noi la priorità
Prof, alunni e genitori: riaprire a regime a settembre Duemila manifestano, slogan davanti a cento istituti La caccia ai mecenati per le sedi e per la tecnologia
Striscioni, cartelli e duemila persone, con mascherina, scaglionate per orari e distribuite davanti a un centinaio di scuole rispettando il distanziamento: un flash mob disciplinato, quello di ieri, che a Milano ha battuto per partecipazione le altre 18 città d’Italia coinvolte. Genitori, docenti e presidi, tutti a manifestare: «Date alle scuole la giusta priorità e subito dopo l’estate riapritele a regime. Trovate anche altri luoghi sul territorio adatti a fare lezione, se necessario costruite nuove strutture temporanee e sicure. Il tempo stringe».
Striscioni, cartelli e duemila persone coinvolte, tutte rigorosamente con mascherina, scaglionate per orari e distribuite davanti ad un centinaio di scuole rispettando il distanziamento sociale: più disciplinato e diffuso di così il flash mob di ieri a Milano non poteva essere, e la partecipazione ha battuto di gran lunga le altre 18 città d’Italia coinvolte.
«Basta organizzarsi per tempo e tutto si può fare. Anche ripartire a settembre con l’istruzione “vera”, quella in presenza. Alunni e docenti devono stare vicini e i genitori altrove, così dev’essere», rimarcano i promotori. Genitori, docenti e presidi, tutti a manifestare. L’appello è trasversale e molto chiaro: «Date alle scuole la giusta priorità e subito dopo l’estate riapritele a regime. Trovate anche altri luoghi sul territorio adatti a fare lezione, se necessario costruite nuove strutture temporanee e sicure. Il tempo stringe». Il tema è strettamente connesso con gli altri ambiti della vita sociale e in particolare con il lavoro: «I genitori, se non ci sono le scuole, non hanno modo di svolgere con serietà il loro mestiere», riflette Tommaso Agasisti, papà di tre ragazzi e docente di management del settore pubblico al Politecnico. A Milano ci sono 180 mila bambini e ragazzi di cui occuparsi e questo numero è approssimato per difetto perché esclude gli universitari che pure andrebbero contati. «Bisogna trovare spazi ampi — continua —, spazi anche all’aperto ma con tensostrutture, per garantire la didattica e allo stesso tempo il distanziamento sociale. È ormai evidente che le scuole, da sole, non bastano».
Il messaggio del flash mob di ieri è proprio questo. Servono da parte del governo regole chiare e urgenti e da parte delle istituzioni locali mappe sui luoghi adatti e gratuitamente disponibili per le lezioni al mattino. Bisogna creare una rete il più possibile capillare: oratori, campi sportivi, biblioteche, centri civici, musei e sedi di associazioni. Potrebbero servire luoghi come l’ex Paolo Pini, a Milano. Invimit, per l’enorme piazza d’Armi, ha già dato il suo placet. «Uno dei criteri da seguire è la prossimità di questi luoghi con gli istituti, anche per scoraggiare l’uso delle auto e promuovere la mobilità sostenibile», continua Agasisti. È ragionevole ipotizzare che i docenti dovranno muoversi in tempi brevi tra classi di alunni dislocati in luoghi diversi: «Serviranno però anche insegnanti aggiuntivi, educatori per la vigilanza, tecnologie che consentano di trasmettere la lezione in streaming nell’aula “di complemento”», fa presente Stefano Riccio, insegnante di sostegno e musica alla media Arcadia, da sette anni precario. Sul punto la difficoltà è lampante: «Per tutto questo servono fondi e le casse dello Stato e del Comune non potranno mai arrivare a coprire tutte le spese», avverte l’esperto del Politecnico. I promotori del flash mob l’hanno capito e lo dicono schietto: «La parola sponsor associata alla scuola pubblica è rischiosa ma non ce la caveremo
Nuove classi
Negli striscioni le frasi di Gramsci L’idea di creare tensostrutture:
«Il Comune proceda alla mappatura di luoghi disponibili per la didattica»
se fondazioni, enti e mecenati privati non supporteranno l’organizzazione in questo cruciale momento di passaggio, con una regia complessiva forte da parte del Comune, che eviti l’aumento delle disparità». Di fatto la didattica a distanza — che necessita di supporti tecnologici e comunque di spazi nelle case — produce disuguaglianze tra una scuola e l’altra e anche all’interno di una stessa classe, «può essere utilizzata al massimo in quota marginale». Quante sono le famiglie a Milano che non dispongono di device per ogni componente della famiglia oppure vivono in condizione di sovraffollamento domestico? Chiara Ponzini e Maddalena Fragnito, tra le organizzatrici, citano Antonio Gramsci («Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza») e aggiungono: «Basta esilio. Un Paese senza confronto diretto tra i giovani e i loro educatori, è un Paese morto».