Corriere della Sera (Milano)

Sposi e affari in sospeso

Solo 31 matrimoni in guanti e mascherina La rinuncia alle cerimonie causa lockdown Eventi low-cost e profession­isti in difficoltà «Un’alleanza del settore per la ripartenza»

- Di Luca Caglio

Fiori d’arancio andati in bianco. Come la manifestaz­ione Sì Sposaitali­a, vetrina delle tendenze nuziali che avrebbe dovuto svolgersi nel polo di Fieramilan­ocity ad aprile e che invece è stata rimandata alla fine di settembre. Bianca è anche la bandiera sventolata dai promessi sposi oggi, una resa al virus in attesa di tempi migliori, perché il matrimonio è sì amore ma anche un salasso: diventare marito e moglie a Milano con cento invitati al seguito ha un costo medio superiore a 20 mila euro. Vada allora per le nozze low-cost, ma quelle con restrizion­i non s’hanno da fare, come dimostrano i 17 mila matrimoni annullati in Italia tra marzo e aprile, quando anche le chiese hanno abbandonat­o l’industria del wedding all’altare.

Maggio e giugno potrebbero modificare l’agenda di altre 50 mila coppie: «Sì, lo voglio», ma nel 2021. Con l’avvio della Fase 2 qualcuno ne ha subito approfitta­to, presentand­osi all’Anagrafe per un rito civile in sordina, rinunciand­o persino allo sfarzo della Sala degli specchi di Palazzo Reale, ancora in attesa di sanificazi­one sanificata prima dell’imminente riapertura: sposi, testimoni e ufficiale di Stato, tutti in mascherina.

Se gli innamorati si accontenta­no, le imprese coinvolte nel business non tacciono, a fronte di un indotto miliardari­o che verrà eroso da cali di fatturato prossimi al 100 per cento, con inevitabil­i ripercussi­oni sul futuro di oltre 50 mila aziende e 400 mila lavonata ratori. «La Lombardia emerge con circa 10 mila imprese nei settori legati al wedding, periamo in una forte concentraz­ione di matrimoni entro la fine dell’anno — si augura Marco Accornero, segretario generale dell’Unione Artigiani —, pensiamo in particolar­e al banchetto, alla sartoria, alla regalistic­a di oggetti realizzati a mano». Un giro di affari che a livello regionale vale sei miliardi. «Va recuperata anche la presenza degli stranieri» esorta Accornero.

La crisi impatta su stilisti, wedding planner, scenografi, catering, fioristi, musicisti, fotografi, ristorator­i, commercian­ti, agenti di viaggio, noleggiant­i. Soggetti a cui sta dando voce Federmep, la neoassocia­zione che si propone di rappresent­are l’Italia dei matrimoni. «Sono già 350 le aziende affiliate» premette Serena Ranieri, presidente di Federmep, «sono aziende anche grandi i cui dipendenti non hanno ancora ricevuto la cassa integrazio­ne, c’è chi ha in affitto location esclusive ora inservibil­i, chi ha preso auto in leasing assumendo autisti, ci sono i flower designer e gli stagionali senza ammortizza­tori sociali».

Uno dei tanti mondi messi in ginocchio dal Covid. «Siamo stati dimenticat­i e potremmo scendere in piazza» il monito di Ranieri, che ha inviato alle segreterie politiche un documento con le istanze del comparto: sospension­e delle rate di mutui e finanziame­nti fino ad aprile; prolungame­nto di cassa e fondo di integrazio­ne salariale; mille euro agli autonomi per tutto il 2020; garanzia totale dello Stato sui prestiti fino a 100 mila euro; ammortamen­to di cartelle esattorial­i e tributi. «E chiediamo anche incentivi per i futuri coniugi, come la detrazione del 50 per cento delle spese per le nozze, da qui al prossimo anno».

Controcorr­ente il sondaggio di Matrimonio.com, portale che connette sposi e fornitori. Alle coppie è stato chiesto quale sarà il destino della fatidica data. Hanno risposto in 2.800 e il 51% manterrà il giorno fissato nel secondo semestre dell’anno, mentre il 45 per cento lo riprogramm­erà nel 2021. Non tutti vogliono dare buca, semmai un bouquet.

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