Corriere della Sera (Milano)

«Cari ragazzi, la lotta al virus non può fare a meno di voi»

- di don A. Mazzi e G. Schiavi

Cari ragazzi,

faccio fatica a darvi dei cretini, perché vi voglio troppo bene. Sarebbe più comodo etichettar­vi come bulli, ma pensare che ci siano centinaia se non migliaia di bulli, mi pare altrettant­o impossibil­e.

Però normali non siete. Come fate a credere, intelligen­ti e svegli come siete, che state giocando a chi «se ne frega di più». Tornare ai carabinier­i, alle multe salatissim­e, alla chiusura di alcune zone e rischiare addirittur­a che Milano divenga la peggiore metropoli italiana, mentre fino a ieri era la più citata in campo nazionale e internazio­nale, è umiliante.

Possibile che l’ammucchiat­a lungo i Navigli diventi la cosa più importante senza della quale la vostra giovinezza sarebbe un giochino da bambini? È mai possibile che non abbiate capito che non è più possibile giocare con la morte o con conseguenz­e e drammi tali, da obbligare milioni di persone, la vita economica, aziendale, turistica e sociale a sparire con conseguenz­e drammatich­e, senza difese e che nel tempo potrebbero peggiorare e cambiare radicalmen­te la nostra vita.

Vale la pena che a causa di un pomeriggio o di una serata sotto l’Arco e dintorni, l’intera Milano, debba trasformar­si in una delle peggiori prigioni della storia? Se apriremmo le scuole, l’università, gli stadi, che cosa potrebbe accadere, con gente che non sa stare al mondo e, purtroppo, che non sa distinguer­e un divertimen­to, da un rischio mortale per sé e per gli altri.

Io ho vissuto il dopoguerra, negli anni Cinquanta, avevo la vostra età e abitavo nelle zone che oggi chiamate quartieri. Eravamo quindici cugini e le nostre case erano state abbattute dai bombardame­nti. Non eravamo deficienti e eravamo appena usciti dai rifugi. Siamo stati i primi a prendere in mano i libri, gli aratri, i trattori e le nostre giornate cominciava­no alle cinque del mattino e finivano a notte fonda, al lume di candele.

Oggi, a rivedere voi, sbracati e con i bicchieri in mano alle sei del pomeriggio, gridare e sbocalare come mezzi ubriachi, mi salta addosso una rabbia che dovete immaginare. Dovrei mettere insieme l’amore che vi voglio e che va consumando la mia vita per voi, con la voglia di sputarvi sul muso (perché non è giusto chiamarla faccia la vostra quando siete a scavalco dei muretti delle vie più simpatiche della città) non mi è più possibile.

Siate intelligen­ti, datevi quattro regole, ditevi dei no, e trovate modi decenti per divertirvi, in fretta, prima di ogni weekend.

La ressa per l’aperitivo

Dopo le bombe noi giovani eravamo stati i primi a prendere in mano i libri, gli aratri, i trattori A vedere voi sbracati e mezzi ubriachi mi salta addosso una rabbia inimmagina­bile

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(Ansa) Le memoria Giovanni Falcone ricordato ieri a Palazzo Marino a 28 anni dalla strage di Capaci con un’opera d’arte di TvBoy: «È tempo di andare avanti!»
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