Dehors e tavoli Le due Lodi e il «derby» dell’aperitivo
LODI Da una parte si apre tutto, dall’altra si chiude tutto. Lodi riempie la piazza di tavolini. Lodi Vecchio la svuota. Una richiama la vita notturna, l'altra la fa aspettare. È bastato un giorno perché tra il capoluogo e la Lodi delle origini romane, sei chilometri in linea d’aria, scoppiasse il «derby dei tavolini». Complice la ripresa di bar e ristoranti e il via libera delle amministrazioni comunali ad abbonare il plateatico ai gestori, per agevolare la delicatissima fase della ripartenza. Se Lodi ha deciso per un’apertura totale di piazza della Vittoria ai dehors, la vicina Lodi Vecchio ci ha già provato e subito ripensato a causa di una serata di movida stile Navigli milanesi. La decisione è del sindaco di Lodi Vecchio Osvaldo Felissari e riporta la situazione a una fase quasi di lockdown, con bar aperti ma senza tavolini esterni: «Avevo consentito ai bar della piazza di potersi allargare fino a quattro volte per gestire meglio il distanziamento e avere più capienza in questa fase delicata». Lunedì, all’ora dell’aperitivo, la situazione è sfuggita di mano: tavolini pieni, gente in piedi, in tanti senza mascherina.
«Non possiamo sostituirci ai vigili — racconta Laura Altomonte, gestore del Caffè Olimpio —. Quel che è successo era al di fuori del nostro controllo. Forse bisognava prevedere che dopo tre mesi di lockdown sarebbe scoppiato il delirio e mettere le forze dell’ordine a controllare. Rispetto la scelta del sindaco ma spero che ci ripensi perché per la nostra categoria la situazione è drammatica». «Il provvedimento non e’ punitivo, ma il rischio di ricadere nell’emergenza per comportamenti sbagliati è alto — spiega il sindaco —. Se la situazione migliorerà, darò marcia indietro. Non voglio un centro storico morto». Per il momento si va avanti senza tavolini con i bar costretti a contare sugli spazi interni.
Fuori dal centro storico si prova la strada opposta: «La piazza è’ un salotto e nei salotti di solito ci si siede», annuncia il vicesindaco Lorenzo Maggi che con lo sconfinamento dei bar nel quadrilatero di fronte al Duomo coronerà il suo sogno, esibito anche alle elezioni, di trasformare il cuore di Lodi in un immenso dehors. La sperimentazione è stata estesa a tutta la città. L’esordio potrebbe avvenire già in settimana: «Ma prima dobbiamo sentire esercenti e categorie». Idea applaudita da molti ma non da tutti. In primis il Caffè Nazionale, uno dei bar storici della città: «L’intento è lodevole — è l’opinione della titolare del Nazionale, Marina Gianelli —, ma sono di più i contro che i pro. Dovremmo impiegare ore di lavoro solo per posizionare i tavoli alla mattina e toglierli dopo la chiusura con conseguente aumento di costi del personale. Senza contare il rispetto del distanziamento, la vigilanza, il controllo della temperatura. Finiremo per fare i baristi, i vigili e gli infermieri».