Corriere della Sera (Milano)

QUELLE FILE SILENZIOSE DAVANTI ALLE VETRINE

- di Antonio Lubrano

La fila: ormai ci abbiamo fatto l’occhio e abbiamo riscoperto dentro di noi la virtù della pazienza davanti a questo o a quel negozio. Fila lunga alle farmacie, ai supermerca­ti, agli uffici postali, alle boutique, alle macellerie. Meno estenuante davanti ai bar. Per la verità prima che ne fosse annunciata la riapertura avevamo già accettato l’idea di sorbire la bevanda nera tanto amata dentro un bicchiere di carta poggiato su un tavolinett­o subito fuori dal locale. E senza fatica abbiamo rispettato la distanza classica di un metro fra noi clienti. Ecco, forse si deve proprio a questo metro la freddezza della fila di oggi. Chi ha vissuto e patito in città gli anni della seconda guerra mondiale ricorda per esempio la coda fittissima di prima mattina davanti alle panetterie: i dialoghi nascevano spontanei, le persone si riconoscev­ano e si raccontava­no i fatti propri, le paure provocate dai bombardame­nti, i disagi come le gioie della vita familiare, le birichinat­e dei figli a scuola e si scambiavan­o anche le notizie relative al conflitto o ai parenti al fronte. Prendevano forma così le amicizie e la solidariet­à. Ora la giusta distanza di un metro o due fra le persone in fila impedisce ogni spontanea confidenza. Di sicuro poi un ruolo determinan­te in questa freddezza lo assume la citata mascherina. Fa paura istintivam­ente qualsiasi contatto. E affiora persino un pensiero: chi ha vissuto gli ormai lontani anni della seconda guerra mondiale sente un po’ di tenerezza al ricordo di quelle file. Ma non la confessa. Legittimo pudore. E preferisce il silenzio di oggi.

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