Regione, tensione in piazza e commissione in bilico
La renziana Baffi rinvia a oggi la scelta sull’incarico: ricevo pressioni, contro di me attacchi strumentali Zona rossa ad Alzano, il governatore chiamato dai pm
La neonata commissione regionale d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza potrebbe non partire oggi. La contestata presidente Patrizia Baffi respinge le «pressioni politiche» ma intende «pensarci». Ieri, intanto, tensione per il corteo dei Carc, dopo le scritte e i volantini contro il presidente Fontana.
Sono giorni di tensione, dentro e fuori i palazzi della Regione Lombardia. Lo scontro tra maggioranza e opposizione è ormai frontale, dopo lo strappo sulla commissione di inchiesta che dovrebbe ricostruire la gestione dell’emergenza sanitaria. Nello stesso tempo il presidente Attilio Fontana finisce sotto scorta in conseguenza delle scritte e dei volantini minacciosi dei giorni scorsi, e anche su questo si consuma una dura polemica tra centrodestra e area giallorossa.
Per quanto riguarda la neonata commissione consiliare, la giornata di oggi potrebbe rappresentare uno spartiacque. Il giorno dopo la bufera, Patrizia Baffi — consigliera di Italia viva eletta alla presidenza del gruppo di lavoro con i voti della maggioranza e pochi spiccioli della minoranza — conferma di non aver intenzione di dimettersi «per le strumentalizzazioni politiche». Ma nello stesso tempo confessa di volerci «pensare». «Domani (oggi, ndr) ci riuniamo per la prima volta e lì avvieremo una riflessione sul da farsi». Le certezze insomma non sembrano più essere granitiche, anche perché, confessa Baffi, «le pressioni che sto ricevendo sono davvero tante». E in effetti attorno a lei la tensione è altissima: Pd (il gruppo di cui faceva parte fino alla scissione renziana) e Movimento Cinque Stelle annunciano che diserteranno i lavori della commissione. «Patrizia Baffi si dimetta se ha rispetto per le istituzioni. Oppure si presta a manovra della Lega per nascondere la verità — dice il segretario del Pd lombardo Vinicio Peluffo —. È stata eletta presidente con i soli voti della maggioranza, ha assecondato le manovre becere della Lega che, in spregio alle garanzie democratiche delle istituzioni, non voleva un esponente Pd. Teme escano verità scomode».
Il centrodestra, infatti, ha posto un veto all’ipotesi di un presidente pd dopo che il gruppo dem ha presentato la mozione che di fatto sfiduciava l’assessore al Welfare. Era rimasto un po’ defilato, in quell’occasione il gruppo grillino, che poi ha comunque sostenuto fino a martedì la candidatura di Jacopo Scandella. E ora attacca a sua volta direttamente Gallera: «Ha fatto troppi danni per poter sopportare che resti al suo posto un solo giorno in più — dice Dario Violi, che ha tentato fino all’ultimo di trovare una mediazione sulla figura del presidente della commissione —. Vogliamo le dimissioni di Gallera perché rappresenta il fallimento del suo sistema sanitario. Da oggi per noi del Movimento la strada sarà questa, visto che non potremo aspettarci la verità dalla commissione d’inchiesta».
Ma ieri la tensione era palpabile anche all’esterno del Pirellone e di Palazzo Lombardia per la manifestazione promossa dai Carc, cioè dal gruppo che ha rivendicato la campagna contro Fontana che ha indotto il prefetto di Varese ad assegnare una scorta al presidente. Il capogruppo del Pd Fabio Pizzul esprime a Fontana «solidarietà umana per gli attacchi ricevuti da una formazione estremista», ma anche su questo versante divampa lo scontro con la Lega: «Un clima da anni di piombo», è il commento di Roberto Anelli, che guida il gruppo della Lega in consiglio regionale. Gli investigatori hanno già identificato i responsabili delle scritte «Fontana assassino» comparse nei giorni scorsi e sarà il procuratore aggiunto Alberto Nobili a valutare l’eventuale iscrizione sul registro degli indagati. Ma nel frattempo anche per Fontana e Gallera è arrivata la convocazione dalla procura di Bergamo, che vuole interrogarli come «persone informate sui fatti» in merito all’inchiesta sulla mancata istituzione della zona rossa.