Corriere della Sera (Milano)

Rifiuti illeciti, mille camion a peso d’oro

Roghi e depositi abusivi, raffica di arresti. «In dieci giorni 90 mila euro li facciamo...»

- di Cesare Giuzzi

Nella banda dei rifiuti c’erano anche uomini legati ai clan della ‘ndrangheta. Ma per quanto ricostruit­o dagli investigat­ori, il loro ruolo era limitato al tentativo di partecipar­e alla grande torta del traffico dei rifiuti, dove però a comandare sono ancora gli imprendito­ri del Nord. Semmai nell’operazione che tra Piemonte, Veneto e Lombardia ha portato 6 persone in carcere, 3 ai domiciliar­i e 13 all’obbligo di firma, emerge un interesse sempre più forte da parte delle mafie per un settore molto redditizio. Ma nel quale, per il momento, non rivestono un ruolo di primo piano. La banda, scoperta dal Noe, riempiva i capannoni di rifiuti anziché smaltirli.

Nel sistema c’erano anche i calabresi. Gli uomini di Antonino Napoli, 56 anni, da Polistena (Reggio Calabria) e di Giuseppe Pesce, 32 anni da Rosarno. Personaggi, scrive il gip di Torino Giacomo Marson, «legati alla criminalit­à organizzat­a». Tanto che nelle intercetta­zioni li chiamano gli «ndrangheti­sti», quelli di «livello superiore»: «I calabresi sono fatti di famiglia, sono fatti di qua, son fatti di là...», dicono gli indagati.

Ma in qualche modo, la partecipaz­ione di personaggi legati alle famiglie di mafia non era in nome e per conto della casa madre ma a titolo personale. Per approfitta­re della grande torta dei traffici di rifiuti al Nord che, nonostante gli interessi mafiosi sempre crescenti, poggia le sue solide radici su imprendito­ri del settore. Rigorosame­nte settentrio­nali.

Come Claudio Tommasi, 38 anni, patron della «Tommasi srl» di Sale in provincia di Alessandri­a e dominus dell’indagine del Nucleo operativo ecologico di Milano e coordinata dalla Dda di Torino che ieri ha portato in carcere 6 persone, tre ai domiciliar­i e altre 7 con obbligo di firma. Si tratta dell’esito di una delle prime inchieste aperte dagli investigat­ori guidati dal tenente colonnello Massimilia­no Corsano, comandante del Gruppo carabinier­i per la tutela ambientale di via Pusiano. Un fascicolo nato nel 2018 dopo il monitoragg­io avviato sui roghi dei rifiuti nei capannoni lombardi. I carabinier­i sono partiti proprio dal lavoro sul territorio, dai depositi presi in affitto da prestanome e usati come discariche abusive per stipare balle di rifiuti di ogni tipo, molti provenient­i dal Sud.

Materiale di scarto per il quale si fingeva invece di eseguire lavorazion­i di recupero e che veniva ritirato a 150 euro la tonnellata. Il tutto a fronte di un costo di smaltiment­o in incenerito­re che normalment­e supera i 250/300 euro. Così la banda, servendosi anche dei fratelli Assanelli, autotraspo­rtatori bergamasch­i di Pagazzano, già finiti in carcere un anno fa, spostava i rifiuti da un capannone all’altro cambiando formulari e documenti. Materiali che poi non venivano smaltiti ma abbandonat­i (in alcuni casi anche in aree all’aperto) o peggio, nell’eventualit­à di essere stati scoperti, bruciati. Il destino, tra gli altri, che sarebbe toccato a due depositi scoperti dal Noe nell’hinterland a Ossona e a Pregnana Milanese.

In totale sono state movimentat­e 23 mila tonnellate di rifiuti, più di mille camion. Gli impianti abusivi erano soprattutt­o in Piemonte, nel Novarese e nell’Alessandri­no e nel Trevigiano. Sequestrat­i società, aziende e immobili per 3 milioni: «Almeno novanta mila euro li facciamo, in dieci giorni eh!».

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Noe Uno dei capannoni sequestrat­i
 ??  ?? I rilievi Un capannone affittato da prestanome e utilizzato come deposito abusivo di rifiuti
I rilievi Un capannone affittato da prestanome e utilizzato come deposito abusivo di rifiuti

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