Con il pc al mare e nel bosco Paesaggi da smart working
Dalle seconde case, al parco oppure sul balcone La nuova vita (anche all’aperto) dei lavoratori «Sereni ma sempre connessi: così rendiamo di più»
Quelli che si mostrano con nonchalance ai colleghi, computer sulle gambe, su uno sfondo marino. Perché «lo smart working è un’arte da imparare e conciliare ambiente ameno e organizzazione libera dei tempi con una efficiente produttività è possibile». È sicuramente un nuovo modo di vivere, oltre che di lavorare.
Ci sono quelli che quasi si vergognano di avere alle spalle paesaggi tropicali o vette alpine mentre lavorano in remoto. Su Amazon, i maxi poster con scaffali pieni di libri come «scenografia domestica» sono andati a ruba. Al contrario, molte persone si mostrano con nonchalance ai colleghi, computer sulle gambe, circondati dalla natura. «Lo smart working è un’arte da imparare. Conciliare ambiente ameno e organizzazione libera dei tempi con una efficiente produttività è possibile», sintetizza Giulio Rigoni, 42 anni, architetto, fermo a Lugano con moglie e figli dall’inizio del lockdown. Mai davvero sfruttato prima, e al netto dei primi tempi di rodaggio, il lavoro agile è apprezzato da tanti, se non da tutti. «Sono ricercatore e docente al dipartimento di Architettura e studi urbani del Politecnico e attualmente mi trovo a Lecce, dove vive la mia compagna, con la quale ho una relazione a distanza da 7 anni — racconta Francesco Curci, 38 anni — il grande vantaggio di lavorare dalla Puglia è poter stare finalmente vicino alle persone e ai luoghi più importanti della mia vita senza essere costretto a scindere gli affetti dal lavoro, anche se mi manca il rapporto diretto con studenti e colleghi che ha un grande valore umano prima ancora che didattico e professionale».
Chi era abituato a fare la spola, ha trovato pace. «È un nuovo modo di vivere, oltre che lavorare» — tira un sospiro di sollievo Giacomo Purromuto, 39 anni, impiegato dell’impresa Sygenta — finalmente sono nel Ragusano con mia moglie e mia figlia, conciliando tutte le esigenze».
Un’altra testimonianza: «Mi rendo conto adesso di come sia faticoso avere la vita personale a Chiavenna e il lavoro a Milano — conferma Massimo Casati, docente dell’alberghiero Carlo Porta — da qui faccio tutto: lezioni e scrutini, colloqui e consigli di classe». I genitori che hanno potuto hanno cercato spazi ampi, fuori città. «Era l’unica soluzione, in tempi di scuola chiusa — afferma Ilaria Cecchini, 45 anni e tre figli, rifugiatasi nell’Oltrepò pavese — del resto se è lavoro agile, deve essere davvero smart e non ricalcare gli orari d’ufficio, 919». Paolo Santagostino, 55 anni, dirigente, da Laveno, postazione con strepitosa vista lago, è in «felice esilio» dal 7 marzo, con moglie e figli: «Per assaporare i vantaggi di questo stile occorre stare bene con se stessi e con il proprio nucleo familiare. Anche ora che potremmo tornare a Milano, scegliamo di stare qui», ammette.
A giudicare dalla trasversalità delle professioni, non ci sono campi preclusi: «È questa la grande scoperta, forse l’unica eredità buona che ci lascerà la primavera drammatica del 2020», riflette Giulia Capitani, 45 anni, impiegata in Intesa San Paolo, parlando con il laptop dai boschi dell’Appennino tosco emiliano: «Posso stare vicina a mio papà, e questo è impagabile».
Per non lasciare gli anziani soli, chi era nella città d’origine è rimasto lì. «Sono ad Alba con marito, figli, nonni, cane e gatto. E’ un nucleo impegnativo ma ci abbiamo tutti guadagnato in buon umore e quindi in produttività, tra vigneti e barbecue all’aperto», dice Elena Usan, 37 anni.
Sorride anche Maria Berrini, consulente sulla sostenibilità dell’Ordine degli architetti di Milano, in remoto da San Quirico d’Orcia: «Soltanto per pochissime attività, come i sopralluoghi con i cittadini o i committenti, lo smart working non sostituisce la presenza», azzarda. Infine Marcella Ruggiero, 46 anni, esperta di comunicazione, dal Trentino tocca un punto non secondario: «Con mio marito in questi mesi ci siamo divisi a metà i compiti con i figli e la casa, visto che entrambi abbiamo un lavoro impegnativo. Si è reso conto come non mai di certe mie fatiche domestiche e ci siamo dati turni equi, oltre che precisi. Ecco perché ha funzionato».