CAOS IN CORSO BUENOS AIRES E L’ERRORE SUI PARCHEGGI
Sulla ricostruzione della storia dell’aeroporto di Linate, cito due aneddoti. All’epoca sono stato testimone diretto. La sera del 20 giugno 1960 il quadrimotore Douglas Dc.6 della Lia-Libanes International Airlines fu il primo volo di linea a toccare la nuova pista di Linate (prima operava su Malpensa). Il volo era proveniente da Londra e diretto a Beirut.
Inoltre, ma nessuno lo ricorda ufficialmente, il primo vero aereo di grosso tonnellaggio ad atterrare sulla nuova pista di Linate nell’aprile del 1960 fu il Dc.6B della Aerolineas Argentinas in volo speciale: trasportava il Presidente Argentino Arturo Frondizi in visita alla Fiera Campionaria.
Grazie ai figli
D’accordo dire «grazie» ai nonni. Io ho 95 anni, sonop malfermo; se non avessi i figli che mi aiutano sarei distrutto. Io dico «grazie figli!», perché il ringraziamento è dovuto come quello ai nonni che aiutano i figli.
Caro Schiavi mi chiamo Sala, ma non sono il sindaco. Condivido con lui — oltre al cognome — il fatto di essere un cittadino di Milano: abito in Porta Venezia. Torno sul disastro che sta avvenendo in Piazza Oberdan e a proseguire lungo tutto Corso Buenos Aires dovuto all’improvvida installazione della pista ciclabile. Centinaia di cittadini, allibiti come il sottoscritto, assistono impotenti a un’operazione che se comprensibile nelle sue ragioni si sta dimostrando assolutamente folle nella sua applicazione pratica. Il traffico delle auto lungo tutto il corso è di colpo diventato insostenibile, ricorda gli ingorghi della vigilia di Natale, solo che succede tutti i giorni e praticamente a ogni orario. Corso Buenos Aires, una delle arterie principali della città, è diventato di colpo impercorribile a meno di lunghe code per le auto e rischi per i ciclisti. Le moto fanno lo slalom, a volte costrette a invadere la corsia opposta e incrementando così il livello dei pericoli.
Il sindaco mio omonimo è noto per approcci manageriali e di efficienza ai problemi. L’ha dimostrato con Expo e l’abbiamo votato per questa qualità. Però, questa non è efficienza. Incrementa il disagio dei cittadini residenti e transitanti in una delle zone «core» della città. È cosa frettolosa e fatta coi piedi, ignorante delle
Una città evoluta e culturalmente moderna, guida per il resto d’Italia quale Milano può e deve essere, si dovrebbe distinguere per la sua civiltà nell’attenzione ai più deboli.
Mi riferisco alla possibilità per un paraplegico di muoversi in sedia a rotelle autonomamente, regole elementari di occupazione razionale dello spazio. Incurante delle conseguenze pratiche di ciò che produce. Mancante totalmente di buon senso. Una riga tracciata a casaccio da un burocrate su una cartina, dedicandoci 5 minuti e chissenefrega delle persone. Questa è l’impressione che il cittadino ne ricava guardando ciò che sta accadendo. I milanesi sono gente pratica e per questo sanno capire in fretta e molto bene quando una cosa è sbagliata e «funsiona minga».
Caro Sala, ieri era la giornata mondiale dell’ambiente: ognuno di noi dovrebbe esercitarsi in piccoli e grandi gesti per ridurre gli sprechi e anche l’inquinamento. Più bici e meno auto, non è una follia: è un’opzione praticabile. Milano può osare un po’, verde e ambiente sono il futuro delle città.
Il caso di Corso Buenos Aires però è il paradigma di quel che siamo: né di qua né di là. Ci passo spesso e lei ha ragione: è peggio di prima. Bisognava avere coraggio e togliere i parcheggi delle auto. Forse possiamo considerarla una prova generale, in attesa di un vero piano. Milano dovrà scegliere, caro Sala. Ma toccherà al suo omonimo.
Un aiuto prezioso
per un anziano di camminare tranquillamente sui marciapiedi, per una mamma o un padre di portare un bimbo in passeggino per le strade su e giù per i marciapiedi. La rinascita post-Covid è una grande occasione per un balzo di civiltà in tal senso.
Purtroppo la tanto acclamata occupazione ulteriore dei marciapiedi da parte dei dehors e la giustificazione ecologista di biciclette e monopattini che sfrecciano (a soli 30 chilometri orari) su altri marciapiedi non vanno nella direzione giusta.
La civiltà e la sensibilità ai meno forti (che hanno il gran difetto di urlare poco) dovrebbero essere salvaguardati, anzi accresciuti ora.
Didattica a distanza
Didattica a distanza, uguale (purtroppo molto spesso) ancora un peso sulle spalle dei genitori che lavorano e devono fare i maestri, perché spesso i maestri non hanno fatto lezioni frontali. Pensiamoci per settembre.
Si spalancano le strade della città, ma si sbarrano le porte dei treni. È il cortocircuito in cui è finita la cara e vecchia bicicletta. Da molti considerata l’asso nella manica per la mobilità ai tempi del virus, è stata però messa al bando dai convogli ferroviari di Trenord. «Troppe bici a bordo, impossibile ormai garantire la sicurezza e le norme sul distanziamento», spiegano dall’azienda che ha deciso d’imporre il divieto di trasporto in carrozza (restano consentite quelle pieghevoli e i monopattini). Immediata la sollevazione del mondo ambientalista che chiede «l’immediata revoca di un provvedimento gravemente discriminatorio». Critiche anche le forze d’opposizione, dal Pd al M5s. Già mal tollerata dagli automobilisti, la bicicletta finisce nel mirino anche di Trenord. La circolare dell’azienda regionale «lascia pensare che il vero motivo del divieto sia scoraggiare l’utilizzo dei treni da parte dei rider per consegnare cibo a domicilio», attacca il magazine online di settore bikeitalia.it. «È un provvedimento che colpisce gruppi etnici e fasce sociali deboli, come i fattorini della gig economy e i pendolari», concorda Legambiente. Per Trenord, però, «l’assalto ai treni» degli ultimi tempi si scontra con la sicurezza dei passeggeri. «Il fenomeno dei riders metropolitani ha raggiunto livelli numerici insostenibili a ogni ora del giorno», tanto da rendere «impossibile» il rispetto delle distanze. «La mancanza di rispetto delle regole non può essere più contrastata dal solo personale ferroviario». Intanto, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, il sindaco Sala ribadisce la sua convinzione che «il futuro sviluppo delle grandi città non possa prescindere dalla transizione ambientale». Anche la piattaforma WePlanet scommette sull’ambiente come motore della ripresa per Milano, inaugurando in piazza Scala il primo dei suoi cento globi d’artista. «Pianeta 2020», firmato da Cecilia Maafs Pèrez Gil e adottato dal Corriere, dà il via al «Viaggio dei valori sostenibili» in vista della grande mostra del 2021.
Marciapiedi impraticabili
Il ruolo delle famiglie