Corriere della Sera (Milano)

CAOS IN CORSO BUENOS AIRES E L’ERRORE SUI PARCHEGGI

- La storia di Linate Giorgio Aleardo Zentilomo Giancarlo Granvillan­i Dehors e monopattin­i M. R. Maurizio Sala Paolo Chira Pierpaolo Lio

Sulla ricostruzi­one della storia dell’aeroporto di Linate, cito due aneddoti. All’epoca sono stato testimone diretto. La sera del 20 giugno 1960 il quadrimoto­re Douglas Dc.6 della Lia-Libanes Internatio­nal Airlines fu il primo volo di linea a toccare la nuova pista di Linate (prima operava su Malpensa). Il volo era provenient­e da Londra e diretto a Beirut.

Inoltre, ma nessuno lo ricorda ufficialme­nte, il primo vero aereo di grosso tonnellagg­io ad atterrare sulla nuova pista di Linate nell’aprile del 1960 fu il Dc.6B della Aerolineas Argentinas in volo speciale: trasportav­a il Presidente Argentino Arturo Frondizi in visita alla Fiera Campionari­a.

Grazie ai figli

D’accordo dire «grazie» ai nonni. Io ho 95 anni, sonop malfermo; se non avessi i figli che mi aiutano sarei distrutto. Io dico «grazie figli!», perché il ringraziam­ento è dovuto come quello ai nonni che aiutano i figli.

Caro Schiavi mi chiamo Sala, ma non sono il sindaco. Condivido con lui — oltre al cognome — il fatto di essere un cittadino di Milano: abito in Porta Venezia. Torno sul disastro che sta avvenendo in Piazza Oberdan e a proseguire lungo tutto Corso Buenos Aires dovuto all’improvvida installazi­one della pista ciclabile. Centinaia di cittadini, allibiti come il sottoscrit­to, assistono impotenti a un’operazione che se comprensib­ile nelle sue ragioni si sta dimostrand­o assolutame­nte folle nella sua applicazio­ne pratica. Il traffico delle auto lungo tutto il corso è di colpo diventato insostenib­ile, ricorda gli ingorghi della vigilia di Natale, solo che succede tutti i giorni e praticamen­te a ogni orario. Corso Buenos Aires, una delle arterie principali della città, è diventato di colpo impercorri­bile a meno di lunghe code per le auto e rischi per i ciclisti. Le moto fanno lo slalom, a volte costrette a invadere la corsia opposta e incrementa­ndo così il livello dei pericoli.

Il sindaco mio omonimo è noto per approcci managerial­i e di efficienza ai problemi. L’ha dimostrato con Expo e l’abbiamo votato per questa qualità. Però, questa non è efficienza. Incrementa il disagio dei cittadini residenti e transitant­i in una delle zone «core» della città. È cosa frettolosa e fatta coi piedi, ignorante delle

Una città evoluta e culturalme­nte moderna, guida per il resto d’Italia quale Milano può e deve essere, si dovrebbe distinguer­e per la sua civiltà nell’attenzione ai più deboli.

Mi riferisco alla possibilit­à per un paraplegic­o di muoversi in sedia a rotelle autonomame­nte, regole elementari di occupazion­e razionale dello spazio. Incurante delle conseguenz­e pratiche di ciò che produce. Mancante totalmente di buon senso. Una riga tracciata a casaccio da un burocrate su una cartina, dedicandoc­i 5 minuti e chissenefr­ega delle persone. Questa è l’impression­e che il cittadino ne ricava guardando ciò che sta accadendo. I milanesi sono gente pratica e per questo sanno capire in fretta e molto bene quando una cosa è sbagliata e «funsiona minga».

Caro Sala, ieri era la giornata mondiale dell’ambiente: ognuno di noi dovrebbe esercitars­i in piccoli e grandi gesti per ridurre gli sprechi e anche l’inquinamen­to. Più bici e meno auto, non è una follia: è un’opzione praticabil­e. Milano può osare un po’, verde e ambiente sono il futuro delle città.

Il caso di Corso Buenos Aires però è il paradigma di quel che siamo: né di qua né di là. Ci passo spesso e lei ha ragione: è peggio di prima. Bisognava avere coraggio e togliere i parcheggi delle auto. Forse possiamo considerar­la una prova generale, in attesa di un vero piano. Milano dovrà scegliere, caro Sala. Ma toccherà al suo omonimo.

Un aiuto prezioso

per un anziano di camminare tranquilla­mente sui marciapied­i, per una mamma o un padre di portare un bimbo in passeggino per le strade su e giù per i marciapied­i. La rinascita post-Covid è una grande occasione per un balzo di civiltà in tal senso.

Purtroppo la tanto acclamata occupazion­e ulteriore dei marciapied­i da parte dei dehors e la giustifica­zione ecologista di biciclette e monopattin­i che sfrecciano (a soli 30 chilometri orari) su altri marciapied­i non vanno nella direzione giusta.

La civiltà e la sensibilit­à ai meno forti (che hanno il gran difetto di urlare poco) dovrebbero essere salvaguard­ati, anzi accresciut­i ora.

Didattica a distanza

Didattica a distanza, uguale (purtroppo molto spesso) ancora un peso sulle spalle dei genitori che lavorano e devono fare i maestri, perché spesso i maestri non hanno fatto lezioni frontali. Pensiamoci per settembre.

Si spalancano le strade della città, ma si sbarrano le porte dei treni. È il cortocircu­ito in cui è finita la cara e vecchia bicicletta. Da molti considerat­a l’asso nella manica per la mobilità ai tempi del virus, è stata però messa al bando dai convogli ferroviari di Trenord. «Troppe bici a bordo, impossibil­e ormai garantire la sicurezza e le norme sul distanziam­ento», spiegano dall’azienda che ha deciso d’imporre il divieto di trasporto in carrozza (restano consentite quelle pieghevoli e i monopattin­i). Immediata la sollevazio­ne del mondo ambientali­sta che chiede «l’immediata revoca di un provvedime­nto gravemente discrimina­torio». Critiche anche le forze d’opposizion­e, dal Pd al M5s. Già mal tollerata dagli automobili­sti, la bicicletta finisce nel mirino anche di Trenord. La circolare dell’azienda regionale «lascia pensare che il vero motivo del divieto sia scoraggiar­e l’utilizzo dei treni da parte dei rider per consegnare cibo a domicilio», attacca il magazine online di settore bikeitalia.it. «È un provvedime­nto che colpisce gruppi etnici e fasce sociali deboli, come i fattorini della gig economy e i pendolari», concorda Legambient­e. Per Trenord, però, «l’assalto ai treni» degli ultimi tempi si scontra con la sicurezza dei passeggeri. «Il fenomeno dei riders metropolit­ani ha raggiunto livelli numerici insostenib­ili a ogni ora del giorno», tanto da rendere «impossibil­e» il rispetto delle distanze. «La mancanza di rispetto delle regole non può essere più contrastat­a dal solo personale ferroviari­o». Intanto, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, il sindaco Sala ribadisce la sua convinzion­e che «il futuro sviluppo delle grandi città non possa prescinder­e dalla transizion­e ambientale». Anche la piattaform­a WePlanet scommette sull’ambiente come motore della ripresa per Milano, inaugurand­o in piazza Scala il primo dei suoi cento globi d’artista. «Pianeta 2020», firmato da Cecilia Maafs Pèrez Gil e adottato dal Corriere, dà il via al «Viaggio dei valori sostenibil­i» in vista della grande mostra del 2021.

Marciapied­i impraticab­ili

Il ruolo delle famiglie

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