Corriere della Sera (Milano)

Mini-focolaio nell’oncologia

- Di S. Bettoni e G. Santucci 5

Un mini-focolaio a Oncologia di Niguarda. Il contagio sarebbe partito dagli specializz­andi, i giovani studenti di Medicina sono stati i primi a ammalarsi. Oggi la bonifica, verranno spostati i pazienti.

Il contagio, per quanto è stato ricostruit­o fino a questo momento, sarebbe partito dagli specializz­andi, giovani studenti di medicina che sono stati i primi ad ammalarsi. Poi la malattia è stata trasmessa ad alcuni medici, infermieri (tra cui una caposala) e operatori socio sanitari. Ecco perché per due giorni, oggi e domani, tutti i pazienti di «oncoematol­ogia» del «Niguarda» saranno spostati e il reparto sarà bonificato. Una misura necessaria per fermare il piccolo, nuovo focolaio di Covid-19 che s’è innescato all’interno dell’ospedale. Al momento la situazione viene gestita con isolamenti, quarantene e spostament­i.

Il monito

Quel che è accaduto al «Niguarda», dicono alcuni medici interpella­ti dal Corriere, «va oltre la situazione specifica dell’ospedale, che sta prendendo tutte le contromisu­re necessarie: deve essere invece un monito molto più ampio per tutta la città, perché dimostra che la malattia non è affatto sparita, che la trasmissio­ne si può ancora innescare in tempi rapidi e che quindi non bisogna allentare l’attenzione. Un monito importante anche per i ragazzi, che probabilme­nte stanno vivendo le prime settimane della Fase 2 con troppa leggerezza».

Test e screening

I contagi sono con certezza recenti, perché non sono emersi attraverso la campagna di test sierologic­i sul personale fatta qualche settimana fa. La direzione dell’ospedale, una volta scoperto il focolaio in «oncoematol­ogia», ha subito allargato lo screening anche al day hospital e agli ambulatori collegati, ma in questo caso non sono stati trovati casi positivi dunque le attività proseguira­nno senza interruzio­ni.

Il nodo

Durante i mesi più critici dell’emergenza, tra marzo e aprile, tutti gli ospedali lombardi (ad eccezione del «Sacco») sono stati pesantemen­te investiti dalla pandemia e centinaia di medici e infermieri, oltre ai pazienti, sono stati contagiati. È avvenuto anche perché le direttive del ministero della Salute, recepite dalla Regione, prevedevan­o di fare esami soltanto sul personale che aveva sintomi, e perché anche medici e infermieri che avevano avuto un contatto diretto e continuati­vo con un caso positivo (magari in famiglia) secondo le regole dovevano continuare a lavorare fino all’eventuale emersione dei sintomi.

Finita la fase più critica dell’emergenza, ora che non c’è più la preoccupaz­ione di scoprire personale «positivo» e dunque lasciare sguarniti i reparti, è possibile intervenir­e in maniera più rapida e complessiv­a su nuovi focolai, come è avvenuto a «Niguarda». «È ovvio però — concludono i medici — che queste situazioni dovranno essere limitate, perché se si moltiplica­ssero, pur con una preparazio­ne complessiv­a molto più elevata, sarebbero comunque complicate da gestire».

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Nei giorni scorsi alcuni specializz­andi, e poi medici e infermieri, sono stati contagiati nel reparto di «oncoematol­ogia» del Niguarda
(foto: l’ospedale) Gli esami Nei giorni scorsi alcuni specializz­andi, e poi medici e infermieri, sono stati contagiati nel reparto di «oncoematol­ogia» del Niguarda

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