I CAMPI DI FORZA EQUILIBRI INSTABILI
Le prime teste cadute nel dopo lockdown sono il segnale di un rimodellamento dei campi di forza per Milano e la Lombardia. È un campo di forza la sanità, tracollata al di là dei meriti e della generosità di medici e infermieri, punto fermo per ogni ripartenza: ma la sostituzione (con promozione ) di Luigi Cajazzo, direttore della sanità regionale, e l’arrivo al suo posto di Marco Trivelli, dirigente in quota ciellina nella vecchia squadra di Formigoni, sembra un tentativo gattopardesco di cambiare purché nulla cambi. È un campo di forza la cultura, con il Piccolo Teatro di cui Sergio Escobar è stato direttore per quasi ventidue anni dopo i regni di Grassi e Strehler: ma l’annuncio della sua sostituzione, preceduta da una lettera ostile dei sindacati, è un brutto modo di congedare un protagonista del rilancio e della gestione sana del teatro, riferimento di una città che guarda all’Europa e vuole anche far pensare.
I campi di forza sono una teoria che si applica per definire il buon funzionamento di un sistema, che può essere anche quello di una città, di una regione o di un Paese. Lo ricorda il lettore Silvano Barbieri che cita Braudel e le vocazioni attrattive di Milano. Sono campi di forza le università, la Curia, il volontariato e il terzo settore, la sicurezza, le grandi imprese, le rappresentanze sociali, le istituzioni sanitarie, i luoghi della carità, la moda, il commercio, i luoghi dove si fa cultura e arte. È l’equilibrio e la dialettica tra i campi di forza che evita il tracollo nei momenti difficili, perché salda il senso di appartenenza con quello della comunità di cura: tutti, nei rispettivi campi, si muovono per obiettivi, qualcuno anche per ideali. Quando ci sono sbandamenti e servono correttivi, i campi di forza allineati sono un aiuto per uscire dalla crisi. Fanno sentire la loro voce. Indicano le rotte. Vanno controvento.
Oggi, invece, i campi di forza vanno in ordine sparso. Le classi dirigenti sembrano afone. I cittadini sono in stand by. Eppure i punti cardinali sui quali appoggiare la ripartenza sono ben delineati: sanità pubblica e cultura. Bisogno di cura e bisogno di relazione. Ai medici che resistono negli ospedali alla politicizzazione mascherata da managerialità va dato più ascolto; alla cultura che alza un grido addolorato per il vuoto che si è aperto si deve dare aiuto.
Il rimodellamento dei campi di forza per Milano e la Lombardia è un processo collettivo che deve riunire e non dividere: nella discontinuità, per la medicina del territorio e d’urgenza e non per l’ospedalizzazione dell’era Formigoni; nel rispetto, di chi lavora per il teatro e la cultura. Con coraggio si può fare.
Scenari
Cajazzo ed Escobar: i casi dei cambi al vertice dopo il lockdown sono segno dei rapporti che si rimodellano