Rogoredo, torna l’allerta Ora lo spaccio è mobile
Regole Covid, protesta delle associazioni. Spacciatori e clienti lungo i binari verso San Donato
ARogoredo lo spaccio sta tornando, spostato lungo il binario che porta a San Donato, sempre a ridosso della tangenziale. Le idee dei giovani architetti per lo scalo.
Lungo il lato destro di via Sant’Arialdo, dove il guardrail è rotto e l’apertura porta dentro al boschetto di Rogoredo, c’è una scala che arriva al cavalcavia Pontinia. Il ricordo delle decine di tossicodipendenti che affollavano i gradini per iniettarsi la dose ad ogni ora del giorno e della notte è lontano, si vedono runner e ragazzini che pedalano sulle bici. Grazie all’incredibile lavoro di una task force di onlus e istituzioni, da quella parte il bosco è ripulito completamente. Ma l’immagine della scala rischia di diventare uno specchietto per le allodole.
Lo spaccio sta tornando, solo spostato a sinistra, lungo il binario 1 che porta a San Donato, sempre a ridosso della tangenziale. Domenica all’imbrunire erano un centinaio alla «nuova» pesa che è forse più organizzata, mobile, pronta a spostarsi per evitare i controlli. Niente a che fare con i numeri di prima — mille anime che convergevano quotidianamente alla spasmodica ricerca della sostanza che per qualche attimo riesce a riempire il vuoto e lenire le sofferenze. Eppure, rischia di diventare un nuovo inizio. «È il lugubre, mortifero viavai noto a chi si occupa di droghe — avvertono i volontari —. In fila c’erano anche giovanissimi».
Gli occhi persi, le monete raccolte facendo la colletta in Duomo. Dettaglia Simone Feder, educatore e già giudice onorario del Tribunale per i minori da sempre in prima fila nel contrasto alle sostanze: «Con il lockdown lo smercio si era polverizzato, tra consegne a domicilio e ritiri a casa dei pusher. Adesso inizia a tornare e sembra ad ondate, quasi ”su chiamata”. La convocazione arriva direttamente via WhatsApp», dice. Rogoredo è raggiungibile in venti minuti di metropolitana dal centro città.
A tener duro sono anche le comunità: dall’inizio del lockdown hanno potuto accogliere tossicodipendenti solo le pochissime che hanno spazi adatti alla quarantena precauzionale. Le altre sono rimaste ferme. «Il decreto della Regione, emesso da qualche giorno, tiene blindati anche adesso i nuovi ingressi», lamentano diverse strutture della Federazione Come e del coordinamento Ceal, che valutano il ricorso al Tar. «Il decreto assimila persone diversamente abili, anziani e tossicodipendenti, che invece hanno bisogni molto diversi. Come fa la comunità a garantire che per quattordici giorni prima dell’ingresso il “paziente” sia stato chiuso in casa e che anche dopo l’arrivo, stia isolato? La terapia, con le dipendenze, non può prescindere dalla socialità», spiega Pietro Farneti di Smi. «Serve un canale umanitario diverso per riuscire ad agganciare i giovani e aggredire il disagio prima che si consolidi», non si stanca di ripetere Feder.
Tira dritto, però, l’assessore regionale alla Sanità Giulio Gallera: «Dobbiamo garantire la massima sicurezza sanitaria sotto il profilo del contenimento del virus, a costo di tracciare percorsi rigidi. Se il contagio entra nelle comunità rischia di deflagrare», dice. Feder ribatte: «Per capire la situazione occorre vedere chi ci troviamo davanti».
Proprio oggi esce il libro che ha scritto con Alice, i cui proventi vanno a progetti di recupero dei ragazzi in difficoltà. Oggi lei ha 20 anni, studia per l’esame di maturità. Ma era una giovanissima dello «zoo» di Rogoredo. A quindici anni l’incontro con il compagno di scuola che fuma eroina, poi il primo buco. Feder mostra il bivio fatale. «L’ultimo attimo» in cui sei ancora padrone di te stesso, libero di scegliere tra la vita e l’eroina. «Subito dopo ti trovi preso all’amo». Il percorso di recupero non è mai lineare. Feder le dà coraggio: «Brava Alice. Non andare indietro ma sempre avanti, adesso».